venerdì 9 ottobre 2015

Vajont: una tragedia annunciata

9 Ottobre 1963: per non dimenticare
"La catastrofe del Vajont"

Il 9 ottobre 1963, in una  sera qualunque, in pochi secondi una frana si stacca dal monte Toc dietro la diga del Vajont e precipita nell'invaso artifciale. Si staccano oltre 250 milioni di metri cubi di roccia che  sollevano un'onda di 50 milioni di metri cubi. Solo la metà scavalcano  la diga e precipitano a valle, distruggendo Longarone e provocando la morte di oltre 2000 persone. I giornali dell'epoca scrivono che la diga ha tenuto come previsto, ma i segnali premonitori non erano di certo mancati. Dal "Corriere della sera" di due giorni dopo si legge: "dal monte Toc era caduta qualche grossa frana nel bacino. Ogni tanto la terra qui a Longarone, tremava, anche quindici giorni fa..."  Crepe e smottamenti venivano segnalati dai geologi, e tra questi Edoardo Semenza, figlio del progettista della diga, al punto che  era sconsigliato di riempire l'invaso o di non far superare all'acqua  un determinato livello, in quanto i rischi sarebbero stati più contenuti. Ovviamente questi avvertimenti sono stati volutamente ignorati tanto che la giornalista Tina Merlin, condusse una campagna di sensibilizzazione circa il pericolo che l'innalzamento della diga avrebbe rappresentato. 
Ma cosa è realmente accaduto? Sul monte Toc esisteva già una paleofrana, ma le perizie condotte dal Professor Dal Piaz avevano "tranquillizzato" sia i progettisti della SADE, sia la commissione ministeriale, anche se quella effettuata dal figlio di Semenza e del geologo austriaco Muller erano discordanti. Anzi, rispetto al progetto originario, il bacino d'invaso era stato innalzato, così da imbibire le rocce che "reggevano il pendio" già instabile dalla paleofrana.


Non mi dilungo sulle questioni prettamente politiche, ma sta di fatto che la sera del 9 ottobre del 1963, dopo una giornata quasi primaverile, ad osservare la diga, resta un geometra, il quale alle 22 circa vede la frana cadere. Come scrive Paolini, ne Il racconto del Vajont, "su in valle,sopra la diga, un silenzio feroce" e in poco tempo tutti assieme i 250 milioni di roccia precipitano nella diga, provocando morte  e spazzando via i paesi di Longarone, Pirago, Rivalta, Villanova e Faè.
2000 morti
Distruzione totale, e una cicatrice a forma di "m" sul monte Toc, assieme alla frana, un boato come una cannonata: erano le rocce che cadevano nell'acqua del lago e scavalcano di almeno 100 metri il coronamento della diga incanalandola verso la valle del Piave.
Longarone è stata investita prima da da un'impressionante spostamento d'aria, poi da una massa d'acqua nebulizzata dall'impatto, infine dall'acqua compatta  che giunge come un muro e spazza via tutto. Lenergia sprigionata è come quella di una  bomba atomica; la valle perde le sue sembianze e solo detriti, morti (alcuni dei quali sono stati rinvenuti a centinaia di Km ed altri mai trovati) e fango, tanto fango.


L'11 ottobre viene nominata una Comissione di inchiesta sulla sciagura del Vajont, per volontà del ministro dei Lavori Pubblici, in accordo con il presidente del Consiglio. La commissione consegnerà la relazione dopo 90 giorni. Il 20 febbraio del '68 il Giudice istruttore M. Fabbri deposita la sentenza del procedimento contro i dirigenti della SADE e, il 20 novembre Mario Pacini si suicida, mentre Dal Piaz era morto di vecchiaia prima della sentenza. Nel '69 si conclude il processo di primo grado e l'accusa chiede 21 anni per tutti gli imputati per disastro colposo di frana e disastro colposo d'inondazione, aggravati dalla previsione dell'evento. Il 26 luglio del 1970 inizia il processo d'appello, con lo stralcio di uno degli imputati gravemente malato. Il tre ottobre dello stesso anno la sentenza riconosce la totale colpevolezza di Biadene e  Sensidoni, riconosciuti colpevoli di frana, inondazione e omicidio; vengono condannati rispettivamente a sei anni (di cui tre condonati) e a quattro anni e mezzo (di cui tre condonati) ; gli altri vengono assolti per insufficienza di prove e uno per non aver commesso il fatto.
Nel marzo del '71 durante il processo di Cassazione Biadene e Sensini vengono riconosciuti colpevoli di un unico disastro: inondazione aggravata dalla previsione dell'evento compresa la frana e gli omicidi. Ma dopopo 15 giorni sarebbero scaduti i 7 anni e mezzo dalla tragedia contestata e tutti i crimini sarebbero caduti in prescrizione.
Viene altresì rigettata dalla Corte d'appello la richiesta del comune di Longarone di rivalersi in solido contro la Montedison, società in cui è confluita la SADE, condannando invece l'ENEL al risarcimento dei danni.

Come riporta la prefazione di M Roubault "Le catastrofi naturali sono prevedibili", Malpasset e Longarone, sono nomi scolpiti per sempre nella memoria e il cimitero ove sono raccolti i duemila morti travolti dall'onda del Vajont è uno spettacolo che non si può dimenticare.

Voglio ringraziare Marcel Roubault e Floriano Calvino (mio docente universitario) per essersi costituiti parte civile durante il processo ed aver effettuato tutti i rilevamenti geologici.



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