lunedì 18 marzo 2019

ANTICORPI MONOCLONALI

Quando agenti estranei, batteri o virus entrano nel nostro organismo, i linfociti si attivano creando anticorpi che vanno a colpire gli antigeni. Il nostro organismo quando è colpito da un antigene, crea differenti tipi di anticorpi detti policlonali. Le strutture di superficie che caratterizzano un antigene, a volte possono essere poco marcate, in modo da non essere riconosciuti.
Per superare questo inconveniente bisogna creare anticorpi monoclonali, altamente specifici che possono attaccare un determinato antigene. 
Gli anticorpi monoclonali (Mab) sono un insieme di anticorpi identici fra loro in quanto prodotti da linee cellulari provenienti da un solo tipo di cellula immunitaria.

Dato un determinato antigene è possibile creare uno  o  più Mab in grado di legare in modo specifico un suo antigene. Questa caratteristica li rende uno strumento efficace in diagnostica, biologia molecolare e medicina. In campo terapeutico, il nome dell'anticorpo termina con un suffisso, che varia in base al tipo di anticorpo che può essere o chimerico o umano. 
Uno specifico anticorpo che  riconosce un determinato antigene, è prodotto da un linfocita B; la tecnica degli anticorpi monoclonali comprende l'isolamento dei linfociti B e la successiva fusione con cellule mielomatose, utili per la oro crescita e sopravvivenza. A questo punto la miscela è mescolata con glicol-polietilenico al 35% per pochi minuti e poi coltivati in vitro per produrre grandi quantità di anticorpo. Il terreno su cui sono "clonati" gli ibridomi è HAT che per la sua composizione inibisce la crescita dei mielomi e/o cellule non fuse, ma non gli ibridomi.
I campi di applicazione dei Mab sono molteplici: in diagnostica medica vengono utilizzati nei test di gravidanza, per il controllo glicemico nel sangue, per individuare agenti batterici o virali, particolari proteine o come marker tumorali. In clinica medica vengono invece usati per curare patologie come l'artrite reumatoide, altre patologie autoimmuni, per creare interleuchine o farmaci per il linfoma non  Hodgking a cellule B.
continua...

martedì 9 gennaio 2018

La scoperta della PCR

Ogni volta che entriamo nella vasca da bagno, il livello dell’acqua al suo interno sale. Lo sapeva anche il matematico Archimede (287 a.C. circa – 212 a.C. circa). Ma un giorno, proprio mentre si sta immergendo si rende conto che il volume d’acqua spostato dal suo ingresso deve essere esattamente uguale al volume del proprio corpo. Secondo la leggenda, è in questo momento di intuizione che esclama “Eureka!”, una parola che potremmo tradurre con “ho trovato”. Questo breve racconto è diventato lo stereotipo per le scoperte scientifiche improvvise, più simili forse alla loro rappresentazione cinematografica che alla realtà. Ma è esattamente quello che Kary Mullis racconta gli sia successo nel 1983 quando ha scoperto (o inventato?) la reazione a catena della polimerasi (o Polymerase Chain Reaction, PCR), una tecnica che ha rivoluzionato le analisi del DNA.
È notte quando sta viaggiando sulla Highway 128 della California per raggiungere l’Anderson Valley, qualche ora di macchina a nord di San Francisco, dove si vuole concedere un weekend di riposo assieme alla sua fidanzata. Mullis sta pensando a come risolvere il problema su cui sta lavorando con i colleghi della Cetus, una delle prime aziende biotech che ha avuto tra i propri fondatori anche il premio Nobel per la Fisica del 1960, Donald Glaser, l’inventore della camera a bolle. Stanno cercando modi innovativi e rapidi per analizzare le mutazioni del DNA. Ma in realtà, ciò che gli fa dire “Eureka!” è un’idea su come amplificare una qualsiasi regione a propria scelta del DNA per poterla poi analizzare con calma in innumerevoli copie. Accosta l’auto a bordo strada, fa qualche rapido calcolo e capisce che l’intuizione è corretta: la PCR è nata e Mullis è sicuro che quello che ha scoperto sarebbe stata la motivazione del proprio premio Nobel.

Lo scrittore e il fornaio
Kary Mullis nasce nel 1944 a Lenoir, in North Carolina, e cresce nella Carolina del Sud. Fin da bambino è sempre stato interessato a “pasticciare” con il Piccolo Chimico, al punto che la madre, che si occupa di proprietà immobiliari, è preoccupata che possa farsi del male. Arrivato senza grossi incidenti all’età dell’università, può diventare un chimico di professione, grazie agli studi al Georgia Institute of Technology e, poi, all’Università della California a Berkley, lo stesso campus dove nel 1971 era nata la Cetus per cui lavorerà più tardi. Ma prima di diventare uno scienziato, prova a farsi strada – senza successo – come scrittore e per due anni lavora come gestore di un forno. Due piccole parentesi che lasciano capire come fin da giovane Kary Mullis non corrispondesse all’immagine standard dello scienziato.
La laurea in chimica torna utile nel 1979 quando approda alla Cetus con un impiego, almeno inizialmente, di routine. Il suo compito è sintetizzare oligonucleotidi, brevi sequenze di nucleotidi (in genere meno di 20 basi azotate), secondo le esigenze dei diversi laboratori dell’azienda. Solo in un secondo momento viene coinvolto nell’ideazione di un sistema innovativo per l’analisi delle mutazioni che causano l’anemia falciforme. Nelle aspirazioni dell’azienda, qualsiasi sia il metodo scovato, deve essere rapido, per non far attendere troppo a lungo i malati e accelerare i tempi per le cure. Ma ciò si scontra con il fatto che normalmente si lavora con poco DNA prelevato dai pazienti stessi e questo è un vero e proprio collo di bottiglia. Come sarebbe bello poter avere a disposizione un tecnologia che permetta di ottenere un numero infinito di copie di una determinata sequenza di DNA su cui poi poter fare diverse analisi in parallelo, abbattendo i tempi.
La soluzione arriva quella notte del 1983 lungo l’Highway 128. Con la PCR è possibile replicare milioni di volte, in una semplice provetta, un singolo frammento di DNA. In laboratorio si sintetizzano degli oligonucleotidi (primer) che si legano ai due filamenti del segmento di DNA da replicare, separati grazie all’aumento della temperatura. Il campione viene quindi raffreddato e si aggiunge l’enzima DNA polimerasi che è in grado di sintetizzare un nuovo filamento di DNA usando il segmento di partenza come stampo. A questo punto si rialza la temperatura per far separare i due filamenti, quello “vecchio” e quello “nuovo”, in modo che la procedura possa essere ripetuta nuovamente. A ogni ciclo, il numero delle copie di DNA che si desidera raddoppia. Tutta la procedura, che Mullis sostiene di aver avuto già in testa fin dall’inizio, è relativamente semplice e tutto quello che serve, teoricamente, è una provetta (con nucleotidi e un enzima) e una fonte regolabile di calore. Oggi, però, si trovano in commercio macchinari per la PCR, detti termociclatori, che gestiscono tutto il processo automaticamente in poche ore.Le conseguenze della PCR
La reazione a catena della polimerasi è una delle più note e rivoluzionarie scoperte (o invenzioni?) degli anni pionieristici delle biotecnologie, quel periodo tra gli anni Ottanta e i primi anni Novanta del XX secolo, quando di sono messe a punto le prime tecniche per la manipolazione del DNA in laboratori di tutto il mondo. Oltre a velocizzare l’analisi del DNA, riducendo da giorni a ore i tempi di attesa, la PCR ha avuto moltissime applicazioni.
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Per esempio, con la PCR è possibile individuare una quantità molto piccola di DNA estraneo all’interno di un organismo, velocizzando l’individuazione di infezioni virali e batteriche, senza più la necessità di un lungo processo di coltura in laboratorio a partire da un campione prelevato dal paziente. La tecnica è alla base anche delle moderne tecniche di indagine della polizia scientifica: con la PCR, infatti, si può analizzare il DNA contenuto in una singola goccia di sangue o da un capello trovati sulla scena del crimine, alla ricerca dell’impronta genetica, e clonare singoli frammenti di DNA. Ma ha anche permesso di studiare più facilmente il materiale genetico contenuto nei resti fossili di organismi vissuti in ere precedenti, un’idea che ha ispirato anche Michael Crichton e il suo romanzo Jurassic Park. La PCR ha anche aperto la porta al Progetto Genoma Umano, un’impresa scientifica che ha portato nel 2003 al sequenziamento completo del DNA dell’essere umano.

martedì 2 agosto 2016

Il super vulcano dei Campi Flegrei


L'area dei Campi Flegrei

Nell'area dei Campi Flegrei si identifica una grande caldera, dovuta a due imponenti eruzioni: quella ingimbritica datata 39 mila anni fa, è quella del Tufo Giallo svenuta 15 mila anni fa. Tali eruzioni sono dovute a due episodi di sprofondamento che hanno generato una caldera complessa che rappresenta la struttura più evidente del distretto vulcanico. 
All'interno della caldera sono cresciuti, anche in tempi storici due piccoli vulcani come il cono di tufo di Monte Nuovo nel 1538, dopo un periodo di quiescenza durato circa 3000 anni ed è la minore come intensità. 


Il rischio vulcanico è connesso più che all'attività vulcanica, al bradisismo che consiste in lenti movimenti sismici legati a
terremoti di debole intensità associati a movimenti di materiale nella camera magmatica a  circa 3/4 km di profondità.
Nelle ultime "crisi bradisismiche" verificatesi negli anni '70 e '80, il suolo si è alzato complessivamente di 3,5 metri e sono stati registrati oltre 10 mila terremoti  ed è stata notata una ripresa dell'attività idrotermale nella zona della solfatara.
Il supervulcano dei Campi Flegrei è fra i più temuti al mondo ed è stato esplorato per la prima volta grazie ad una perforazione di 500 m.
Grazie a questa perforazione, è stato scoperto che l'area delle bocche del vulcano, la cosiddetta caldera, si estende da Monte di Procida a Posillipo. Attraverso tali indagini, i ricercatori hanno capito qual'è il meccanismo del bradisismo, che in quest'area fa sollevare ed abbassare il suolo.
Il fenomeno è causato per il 50% dal magma e dal 50% dall'acqua presente nelle rocce. Lo ha spiegato recentemente G. De Natale, direttore dell'Osservatorio Vesuviano dell' INGV.
"In pratica, il magma sale fino a 5 - 6 Km e riscalda l'acqua che fa gonfiare le rocce provocando il sollevamento del suolo".
Il supervulcano dei Campi Flegrei è capace di eruzioni molto violente ma per fortuna molto rare. Nel Mondo esistono circa dieci vulcani di questo tipo, come ad esempio Yellowstone. Per studiarlo dall'interno, nel 2012 è stata avviata una perforazione nell'ambito del Progetto "Campi Flegrei Deep Drilling Project" che prevedeva la realizzazione di un pozzo pilota di 500 m già realizzato ed uno di 3,5 Km ancora da realizzare.
Nel pozzo pilota è stato installato un osservatorio in porfondità con sensori che controllano ogni "respiro del vulcano". "In questo modo si tiene costantemente sotto controllo il vulcano con l'obiettivo di mitigare il rischio". I segnali di allarme che possono aiutare a prevedere un'eventuale eruzione sono la Temperatura, la Pressione del sottosuolo e la sismicità; inolltre il pozzo è anche una sorta di  "macchina del tempo" in quanto ha permesso di ricostruire la storia di questo vulcano rivelando molte sorprese, tra le quali, un'eruzione avvenuta 45 mila anni fa e finora sconosciuta.

Immagine da Wikipedia

mercoledì 27 luglio 2016

Body Worlds


BODY WORLDS

Estratto della relazione riguardante la mostra, eseguita dagli allievi della classe III B
liceo scientifico statale  "LEONARDO DA VINCI"





Il BODY WORLDS è una mostra scientifica. Dà al visitatore informazioni sull’anatomia, sulla fisiologia e sulla salute, attraverso l’osservazione di autentici corpi e campioni anatomici umani. I preparati in mostra sono stati conservati con la tecnica della plastinazione.

La mostra è dedicata al cuore e al sistema cardiovascolare. Sono esposti più di 160 preparati anatomici tra cui plastinati corporei integrali, singoli organi e sezioni trasparenti. Il percorso è concepito come un viaggio alla scoperta del mondo celato dalla pelle: c’è una visione d’insieme dell’anatomia e della fisiologia del corpo umano. Le funzioni organiche, le patologie frequenti sono spiegate in maniera comprensibile a tutti anche ricorrendo al confronto tra organi sani e organi malati.

Lo scopo è essenzialmente divulgativo. Si vuole far conoscere al pubblico il funzionamento del corpo umano, mostrando anche gli effetti delle malattie e di uno stile di vita poco sano. Errate abitudini alimentari, abuso di alcol, dipendenze come quella dal tabacco minano la salute: vedere “dal vivo” gli effetti dannosi di certi comportamenti può essere più convincente di tante parole. L’intento non è fare del “terrorismo”, ma mostrare esattamente e inequivocabilmente che cosa succede dentro di noi. Le esposizioni intendono risvegliare l’interesse del pubblico per l’anatomia e la fisiologia, ampliando costantemente la conoscenza di questi ambiti.

L'elemento estetico per von Hagens è insito nel corpo umano esattamente per come è fatto, le pose dinamiche consentono a chi non è medico di comprendere meglio la struttura del corpo, la meraviglia dell'anatomia, il funzionamento degli apparati, la sinergia di muscoli, nervi, organi che è l'essenza della vita.



LA TECNICA DELLA PLASTINAZIONE

La plastinazione é la tecnica con cui sono trattati i corpi che rende possibile la conservazione perfetta nel tempo, mantenendo intatti organi e tessuti. E' stata inventata e brevettata da Gunther von Hagens nell'Università di Heidelberg: si tratta di una ricerca che è iniziata nel 1977, nell'Istituto di Patologia e Anatomia.

La donazione dei corpi è curata dall'Institute for Plastination dal 1982.
Al momento attuale conta oltre 13000 donatori registrati. Il donatore conferma la propria adesione sottoscrivendo il modulo dell'atto di disposizione e il tesserino di donatore di corpo. La donazione all'IFP non inficia la volontà di donare i propri organi per trapianti che possano consentire la vita di altre persone ed è una manifestazione di intenti revocabile in qualsiasi momento.


IL PROCESSO DELLA PLASTINAZIONE

Von Hagens espone i corpi plastinati in pose caratteristiche. Nelle mostre, intitolate Körperwelten (in inglese Body World), i corpi alcune volte sono posizionati in maniera tale da ricostruire celebri opere d'arte, mentre altre volte assumono gesti atletici particolari. Infine, vi sono corpi sezionati per puri scopi didascalici. Nel fare assumere le diverse posizioni si fa estrema attenzione alla coerenza del gesto con il posizionamento dei vari elementi anatomici, in primo luogo dei muscoli.
  • Imbalsamazione e dissezione anatomica: Il primo passo del processo consiste nel bloccare i processi degenerativi pompando formalina nel corpo attraverso le arterie. La formalina uccide i batteri e blocca il decadimento tissutale. Usando strumenti da dissezione sono preparate le strutture anatomiche rimuovendo la pelle, il tessuto connettivo ed il tessuto adiposo.
  • Rimozione dal corpo di grasso e acqua: L'acqua ed i grassi solubili del corpo sono sciolti immergendo il cadavere in un bagno di acetone.
  • Impregnazione a forza: Questo secondo processo di scambio è il passaggio centrale della plastinazione. Durante l'impregnazione a forza il silicone (o un altro polimero analogo) rimpiazza l'acetone. Queste operazioni sono svolte in contenitori sigillati ed il silicone è inserito in questi contenitori in pressione in modo da penetrare in ogni cellula.
  • Posizionamento: Il corpo è posizionato nella posizione desiderata ed ogni struttura anatomica è fissata con l'aiuto di spaghi, aghi e mollette.
  • Solidificazione: Il passaggio finale è la solidificazione e il tempo ed il modo dipendono dal polimero usato. Certi polimeri solidificano per esposizione a gas, altri per esposizione a radiazioni UV ed altri ancora per esposizione a fonti di calore


POLIMERIZZAZIONE

Questo è l'ultimo passaggio, durante il quale il preparato è sottoposto a polimerizzazione con un gas, luce o calore, a seconda della materia plastica utilizzata.

La dissezione e la plastinazione di un corpo intero richiedono circa 1500 ore di lavoro e si effettuano per lo più nell'arco di un anno.




SEZIONI PLASTINATE

Le sezioni plastinate sono una forma speciale di plastinazione. Nella prima fase il corpo deceduto viene congelato e tagliato in sezioni di spessore compreso fra 2 e 8 millimetri. In questo processo il corpo non viene trattato con silicone ma con resina di poliestere o epossidica.

Immagine del sito ufficiale Body Worlds

martedì 19 aprile 2016

Geologia del Cervino

Geologia del Cervino

 
"La montagna ha il valore dell'uomo che vi si misura, altrimenti di per se, essa non sarebbe che un grosso mucchio di pietre". 
Walter Bonatti


Il Cervino, con un'altezza di 4478 m, e' una delle cime più celebri della catena alpina, situato in Val d'Aosta
 alla testata della Valtournanche, al confine tra Italia e Svizzera. La " Gran Becca", così chiamata dagli alpinisti rappresenta delle peculiarità importanti dal punto di vista geologico. 
Scalato per la prima volta nel
1865, e' stato raggiunto dai geologi nel 1868, ma solo grazie all' intuito del geologo svizzero Emile Argand che lo raffiguro' in alcuni disegni, si capì che questa piramide di roccia non è di origine autoctona, ma e' sovrascorsa e posizionata sul basamento di ofioliti e calcescisti. 
Si tratta quindi di un "blocco" alloctono trasferito  nell' attuale posizione dallo scontro tra il continente africano con quello paleoeuropeo. 
Le ofioliti sono la testimonianza dell'antica crosta oceanica ligure-piemontese e i calcescisti derivano dal metamorfismo dei sedimenti accumulati sul fondo di questo oceano. 





Il Cervino è costituito prevalentemente da gneiss e altre rocce metamorfiche del Paleozoico (circa 300 milioni di anni fa) appartenenti alla crosta di Adria. Il substrato su cui poggia il Cervino è costituito da associazioni di ofioliti ( derivanti da metamorfismo di basalti, gabbri e serpentiniti) e sedimenti giurassico-cretacei di mare profondo trasformati dal metamorfismo in rocce verdi e calcescisti. 
Le rocce provenienti dal continente africano, poggiano quindi su rocce di fondo oceanico il cui contatto è  rappresentato da una faglia su orizzontale. La collisione tra il continente africano e quello paleoeuropeo ha originato l'accavallamento della parte frontale della crosta africana al di sopra di quella paleoeuropea.
In mezzo sono rimaste intrappolate le ofioliti che derivano dall'oceano ligure-piemontese che separava le due masse continentali. La falda di ricoprimento austro alpina a cui apparteneva il Cervino è stata erosa e smantellata e rimane come testimonianza il lembo isolato di questa piramide rocciosa.

Immagini dal web

martedì 12 aprile 2016

Cambiamenti climatici e loro effetti

Conferenza di Parigi sui cambiamenti climatici

Il 12 dicembre 2015 si è riunita a Parigi la conferenza delle Nazioni Unite per la definizione di un efficace percorso di riduzione delle emissioni di gas serra dopo il termine del secondo mandato del Protocollo di Kyoto nel 2020 e si è conclusa con l'approvazione dell'Accordo di Parigi all' unanimità dei delegati di 195 Paesi.
Tale accordo, punta all' obiettivo di mantenere al di sotto dei 2 gradi centigradi il riscaldamento atmosferico rispetto all'era preindustriale entro il 2100  tramite la messa in pratica dei piani nazionali presentati da 187 paesi. 
Tale accordo, parla di neutralità delle emissioni nella seconda metà del secolo e il raggiungimento dei risultati e l'implementazione degli impegni saranno soggetti a verifica ogni 5 anni a partire dal 2023. 
Le ratifiche da parte dei singoli Stati saranno aperte il 22 aprile in corrispondenza della Giornata mondiale della Terra; l'accordo diventerà operativo dal 2020, solo se sarà siglato da 55 Paesi responsabili di almeno il 55% delle emissioni globali.
Si tratta di un accordo di portata storica nel percorso dei negoziati sulla lotta ai cambiamenti climatici. Tuttavia non è sufficiente a raggiungere gli obiettivi stabiliti. Infatti si stima che l'applicazione degli INCD possa solo "limitare" il riscaldamento globale al 2100 a 2,7•C. Questo incremento termico comporterebbe una significativa destabilizzazione a lungo termine del clima e degli ecosistemi terrestri, con la scomparsa della banchisa artica, collasso  di una parte della calotta glaciale dell'Antartide e della Groenlandia con conseguente aumento del livello del mare di circa 1 metro.


Questo accordo è sicuramente importante, ma non sufficiente per metterci al sicuro dalle conseguenze dei cambiamenti climatici. Infatti, la prima manifestazione è un aumento degli eventi atmosferici estremi, che dal rapporto dell'ISPRA evidenzia in Italia una diminuzione delle precipitazioni annue, ma concentrate in periodi molto brevi così da causare frane sul 7,3% del territorio e un 12% dello stesso, esposto ad elevato pericolo di alluvioni. 
Lo scenario è allarmante in quanto si prevede un ipersiccita' estiva nell'area mediterranea ed alluvioni negli altri periodi dell'anno. 
Ciò è dovuto al fatto che il biossido di carbonio aumenta di quasi 3 ppm all'anno e rischia di originare un riscaldamento atmosferico senza precedenti. La soglia ritenuta "di sicurezza" è di 350 ppm raggiunta nel 1986, e l'attuale aumento a 400 ppm rappresenta un campanello d'allarme. 
I dati sulla concentrazione di CO2 provengono dall' osservatorio del Maunaloa situato a 3400 m di quota nelle Haway. Lì' le condizioni sono ideali per analizzare campioni d'aria dell'atmosfera globale, in quanto le molecole di CO2 permangono per oltre un secolo e hanno il tempo di disperdersi su scala planetaria. 
Non ci resta quindi che usare il buon senso e cercare di consumare meno combustibili fossili per non incrementare la % di CO2, è un impegno mondiale forse non salverà del tutto il nostro Pianeta, ma almeno verranno limitati i danni

giovedì 22 ottobre 2015

News sul DNA

Parlando di DNA

La notizia ci giunge da Focus.it e pare che il modello che è stato proposto negli anni '50 da Watson e Crick, i quali descrissero la struttura a doppia elica del DNA, in realtà stessero solo osservando una piccola parte del nostro genoma, solo una circonvoluzione della doppia elica, e cioè circa una ventina di basi azotate. 
Il nuovo modello proposto da uno degli autori dello studio, Sarah Harris, afferma che considerando diverse centinaia di basi azotate, risulta una nuova ricchezza di componenti nella molecola.
Pare infatti che la struttura del DNA, derivante da uno studio pubblicato su Nature Communication, riveli con un dettaglio senza precedenti la struttura dell'acido desossiribonucleico.




Grazie all'uso di avanzate tecniche di miscrospia e a successive simulazioni condotte con supercomputer, i ricercatori del Baylor College of Medicine di Huston e dell'Unicersità di Leeds hanno dimostrato la natura dinamica del DNA. Quindi, questa molecola non sarebbe uno schema rigido a doppia elica, ma bensì tale molecola si attorciglia, si annoda e snoda continuamente assumendo conformazioni simili a un "8" o che ricordano aghi da cucito o racchette. 
Dal punto di vista pratico, la ricerca servirà a mettere a punto farmaci più efficaci e mirati, che sappiano interagire in modo più preciso con la nuova conformazione molecolare scoperta. Per i "non addetti ai lavori" non cambierà molto, in quanto bisogna utilizzare modelli semplificati per rappresentare realtà colpesse come quella del nostro genoma. 
La doppia elica è una semplificazione, ma è funzionale ad avvicinare il concetto, così come il modello atomico planetario proposto da Rutherford è ormai superato, ma viene ancora citato sui libri di testo nella storia dell'atomo.