martedì 17 dicembre 2013

LA FORMA DELLA TERRA E I MODELLI CHE LA RAPPRESENTANO

E' possibile osservare la forma sferica del nostro pianeta attraverso le immagini dei satelliti; naturalmente quando parliamo di sfericità, non prendiamo in considerazione le numerose irregolarità della superficie terrestre, rappresentate dai rilievi, dalle valli e dalle depressioni oceaniche. Immaginando di eliminare le irregolarità del territorio, e misurando il raggio polare e quello equatoriale, possiamo affermare che la Terra non è una sfera perfetta, in quanto il moto di rotazione ne ha influenzato la forma. 
La forza centrifuga che deriva dalla rotazione ha causato una concentrazione di materia nelle zone che si muovono più velocemente, producendo un rigonfiamento equatoriale , e uno schiaccamento polare (dove questa forza è nulla).
Inoltre la Terra genera un campo gravitazionale, grazie al quale attira verso in centro qualunque corpo fermo o in movimento, con una forza che è uguale al prodotto della massa del corpo per l'accelerazione di gravità ( P = mg). La direzione in cui agisce la forza di gravità è detta verticale fisica del luogo e può essere determinata dalla direzione del filo a piombo. Il valore dell'accelerazione di gravità diminuisce allontanandosi dal centro della Terra, quindi con l'altitudine; il suo valore varia inoltre da luogo a luogo a causa della densità non uniforme della litosfera (crosta terrestre più la parte superficiale del mantello).
Il modello geometrico che più si avvicina alla forma della Terra è l'ellissoide di rotazione; in enere si prende in considerazione l'ellissoide internazionale di Hayford, anche se, è stato definito un ellissoide astrogeodetico grazie ai dati ricavati dallo studio delle orbite dei satelliti artificiali. L'ellissoide internazionale viene utilizzato per la costruzione dei planisferi e delle carte geografiche.
Il solido che più si avvicina alla forma della Terra è il geoide, costruito sulla base dei dati forniti dal'accelerazione di gravità, cioè da misurazioni gravimetriche eseguite in molti punti della superficie terrestre.


Si è osservato che la superficie terreste presenta valori diversi della forza di gravità evidenziati dalla direzione del filo a piombo, che non coincide con la verticale geocentrica, ma si dispone secondo la verticale fisica del luogo. Questo fenomeno si rileva soprattutto sulle grandi catene montuose e nei bacini oceanici, ed è dovuto ad una non omogenea distribuzione delle masse all'interno della Terra. Infatti sotto le grandi catene montuose la crosta terrestre arriva ad una profondità di circa 80 Km , mentre in zone pianeggianti è di circa 30 km. Questo perchè la densità della crosta è decisamente inferiore a quella del mantello   (2,7 g su cemtimetri cubi contro i 5 del mantello). Le catene montuose per poter "galleggiare" sull'astenosfera plastica devono avere  un grande spessore crostale che determina variazioni nella forza di gravità.
Unendo tutti i punti della superficie terrestre perpendicolari alla direzione del filo a piombo si è ottenuto il geoide, che è il modello che più si avvicina alla forma della Terra, anche se tende ad attenuare i rilievi e ad innalzare le depressioni oceaniche.
La superficie del geiode è   una superficie equipotenziale. Teoricamente il geoide può essere definito come la forma che la Terra assumerebbe se il livello medio del mare si estendesse in continuità, anche dove si trovano le terre emerse, colmando le depressioni e cancellando i rilievi.
Inoltre se la distribuzione delle masse all'interno della Terra fosse omogenea, ellissoide e geoide dovrebbero coincidere, mentre nella realtà sono sfalsati di alcune decine di metri.


domenica 17 novembre 2013

LABORATORIO: ESTRAZIONE DEL DNA (dalla frutta)

Obiettivo: Estrazione del DNA della frutta (banana o kiwi) osservazione al microscopio 

Procedimento: massare sulla bilancia elettronica 3 g di NaCl e porli in 80 ml di acqua distillata, mescolare fino allo scioglimento del sale; aggiungere un pò di detersivo per piatti diluito precedentemente e aggiungere acqua fino ad arrivare a 100 ml; in questa fase bisogna mescolare molto lentamente affinchè non si formino bolle. Questa soluzione servirà a demolire le membrane plasmatiche e nucleari che sono costituite da fosfolipidi. I fosfolipidi si scioglieranno in presenza del detersivo, mentre il cloruro di sodio ha la funzione di facilitare l'eliminazione delle proteine istoniche sulle quali è avvolto il DNA.
A questo punto, in un mortaio si schiacciano circa 100 g di banana o kiwi e si riduce in poltiglia al fine di separare il più possibile le cellule tra loro ed esporle all'azione del detersivo. Si versa la poltiglia nella soluzione di estrazione e si pone il becker sulla fiamma fino alla temperatura di 60 °C. Si toglie dal bunsen (in quanto se il riscaldamento è lungo il DNA si frammenta). Si attende 15 minuti e si pone il becker in una vaschetta contenente acqua e ghiaccio per circa 5 minuti. 
Si filtra con della garza in un cilindro graduato e si ottiene un liquido ricco di DNA. Si mette in una provetta una certa quantità della soluzione ottenuta e si aggiunge in quantità uguale molto lentamente alcool al 95% freddo (da congelatore), in modo che le due fasi restino separate. Si usa l'alcool in quanto il DNA è solubile in acqua e non sarebbe visibile.
Si lascia riposare per altri 5 minuti e a poco a poco il DNA si rende visibile sotto forma di una sostanza bianchiccia che tende ad aumentare di volume. Si noteranno inoltre, molte bollicine dovute alla solubilità dei gas atmosferici, che è maggiore in un liquido a temperatura più bassa.
Con delle pinzette si preleva dalla provetta una piccola quantità di preparato e si pone su un vetrino assieme a del blu di metilene (che consente di vedere meglio il DNA) per osservarlo al microscopio. Ovviamente non si potrà osservare la struttura a doppia elica, in quanto non è visibile neanche con i microscopi eletronici, ma si osserveranno dei filamenti alquanto confusi.

domenica 10 novembre 2013

LE MAREE


Le maree sono oscillazioni periodiche del livello del mare e  hanno un ruolo fondamentale nei processi di trasformazione litoranea e costiera.
Esse consistono in oscillazioni ritmiche, con innalzamenti (flussi) e abbassamenti (riflussi) del livello marino, provocati dall'azione gravitazionale della Luna e del Sole sulle masse d'acqua che ricoprono la Terra. In genere si possono osservare due alte e due basse maree al giorno; la fase corrispondente al massimo sollevamento dell'acqua è detta alta marea, mentre la fase corrispondente al massimo abbassamento è detta bassa marea; la differenza tra le due, viene detta ampiezza di marea.
In media l'ampiezza delle maree nel Mediterraneo è dell'ordine dei 10 cm, con dei massimi di 2,1 m a Trieste e nel Golfo di Gabes in Tunisia. L'ampiezza di marea può diventare anche notevole in vicinanza delle coste che si affacciano su oceani o in golfi come la baia di Mont Saint Michel in Normandia (circa 16 m) e nella baia di Fundy in Canada (circa 18 m) ; quest'ultimo rappresenta il valore massimo conosciuto. 
Il comportamento delle maree era già noto ai greci e Romani, ma solo dopo che Newton enunciò la legge di gravitazione universale, fu possibile spiegare in modo soddisfacente questo fenomeno.


I fattori che entrano in gioco nella genesi delle maree sono numerosi, semplificando, possiamo osservare che il Sole pur avendo una massa molto maggiore di quella della Luna , questa si trova più vicina alla Terra e, l'attrazione esercitata da quest'ultima è maggiore a quella esercitata dal Sole, per cui la periodicità delle maree è legata ai movimenti della Luna. Ma non è questa la sola causa del fenomeno, infatti, se così fosse, si avrebbe un solo flusso e un solo riflusso al giorno in quanto la Luna culmina  una sola volta su ogni meridiano. La marea invece si presenta anche agli antipodi, e questo è dovuto all'azione della forza centrifuga. 
Se consideriamo Terra e Luna come un sistema binario, il baricentro del sistema risulta essere poco sotto la superficie terestre. Dalla parte rivolta verso la Luna sarà massima la forza di attrazione gravitazionale e minima la forza centrifuga (in quando vicini al baricentro del sistema), all'antipodo, invece, la forza centrifuga sarà massima e, minima quella di attrazione gravitazionale (rivolta verso il centro della Terra). Quindi sommando le due forze dalla parte rivolta verso la Luna, e sottraendo le due grandezze vettoriali dall'altra, noi avremo due alte maree, una dalla parte di Terra rivolta alla Luna ed una agli antipodi.
Anche il sole esplica un'attrazione gravitazionale sulla Tera, quindi, quando Terra, Luna e Sole sono allineati si possono osservare dei massimi di alta marea dette maree sizigiali (o acque vive) e si verificano ogni due settimane circa; l'alta marea ragiunge livelli più alti del solito e la bassa scende a livelli inferiori al normale. Quando il Sole forma un angolo retto con Terra e Luna, si osservano dei minimi di alta marea, dette maree di quadratura (o acque morte).
Di solito si hanno le maree sizigiali durante il novilunio e il plenilunio, maree di quadratura durante il primo e ultimo quarto.
Il comportamento delle maree si discosta notevolmente dallo schema teorico in quanto gli oceani e i mari non ricoprono uniformemente la superficie terreste, il fenomento è legato alla profondità del bacino su cui si verifica la marea,  alla configurazione della costa ed infine all'attrito dell'acqua sul fondale.
A causa dell'attrito delle masse d'acqua, l'alta marea non si verifica esattamente quando la luna culmina su un meridiano, ma può presentare un ritardo chiamato "ora di porto" che varia da zona a zona e va da 50 min a 12 ore. La conoscenza dell'ora di porto è fondamentale per la navigazione, infatti, con i dati dell'ora di porto si costruiscono carte di navigazione, nelle quali sono indicate delle linee dette cotidali, che uniscono tutti i punti con uguale ritardo di marea. Le linee cotidali, sono disposte a raggiera e partono da un punto in cui l'ampiezza di marea è nullo. Questi punti vengono detti nodi anfidromici.
Le maree infine, possono causare delle correnti note come "correnti di marea" che si originano presso le coste o negli stretti che mettono in comunicazione bacini marini adiacenti, come ad es. lo Stretto di Messina e possono raggiungere una velocità di 8 /9 Km/h.
In alcune località della superficie terrestre, ci sono fiumi che sfociano in mare ad estuario; in queste zone (come ad esempio nel Rio delle Amazzoni), specialmente durante le maree sizigiali, l'onda di marea causa un rigonfiamento del fiume  o dà origine ad un fronte di marea chiamato  mascheretto. Quello del Rio delle Amazzoni è il più spettacolare perchè può raggiungere un'altezza di sette metri e mezzo e risale il fiume per circa 480 Km.



domenica 13 ottobre 2013

LE VARIAZIONI CLIMATICHE E I MOTI MILLENARI

Oltre al moto di rotazioni e rivoluzione, la Terra compie altri moti ciclici, che si ripetono in uno stesso periodo di tempo, causati dall'attrazione gravitzionale della Luna, del Sole e in minore misura degli altri pianeti.
Questi moti, dell'ordine di migliaia di anni, non sono evidenti nella scala temporale della nostra vita.
Secondo la teoria di Milankovich, i moti millenari determinano variazioni cicliche dell'insolazione, e quindi di distribuzione del calore sulla superficie terrestre, che a lungo termine  portano a importanti effetti sul clima e sulle stagioni.
Milankovich ha correlato le oscillazioni climatiche del passato, con con variazioni dell'insolazione nel tempo. In pratica, i moti millenari potevano essere in grado di originare una glaciazione. Il moto di precessione degli equinozi, la variazione dell'eccentricità dell'orbita e le nutazioni, combinati, hanno procurato variazioni di insolazione la cui entità variava con la latitudine.
Nel corso dell'ultimo periodo geologico, si sono avvicendate quattro grandi glaciazioni: Gunz, Mindel, Riss, Wurm intercalate a periodi di fusione dei ghiacciai detti periodi interglaciali.
L'estensione glaciale calcolata nella sua fase di espansione mette in evidenza che circa il 35% delle terre emerse fosse coperto dai ghiacciai, ciò ha comportato la scomparsa di molti organismi, o la riduzione del loro habitat; alcune specie durante le glaciazioni, come l'orso delle caverne o il mammuth si sono estinte.
La durata delle glaciazioni non supera globalmente il 2% dei tempi geologici e le aree coperte da ciascuna glaziazione si trovano distribuite nei due emisferi, cioè sono sincrone su tuttto il globo.
Osservando un ghiacciaio alpino, possiamo notare un limite, lungo il quale nei periodi estivi, la neve non si scioglie, ma si accumula; questo limite viene chiamato "limite delle nevi persistenti". Esso dipende dalle condizioni morfologiche e dall'esposizione topografica; nei versanti esposti a Nord il imite sarà inferiore, rispetto a quelli esposti a Sud. Attualmente tale limite nelle Alpi varia tra i 3000 e i 3200 m di quota e supera i 5000 m nelle zone equatoriali del Kilimangiaro.
Presupponendo da un anno all'altro, l'abbassamento di 1 °C della temperatura media estiva, il limite si abbassa altimetricamente di 200 metri e di 400 m sul piano inclinato. Ovviamente la pendenza ha avuto un ruolo importante sull'avanzata del fronte glaciale. Il  limite delle nevi permanenti nel periodo Wurmiano si trovava a circa 1200 m, quindi le fronti dei ghiacciai sboccavano in più punti della pianura padana. Ovviamente, un abbassamento di tale limite deve tenere presente un aumento delle precipitazioni.  Con il diminuire delle temperaturre, le fronti glaciali avanzavano dapprima limitatamente e poi, a quote più basse progredivano in modo più rilevante e massivo. Un altro fenomeno correlato, è una diminuzione del riscaldamento dell'aria, causato dalla riflessione totale dei raggi solari che creano condizioni più favorevoli all'aumento dell'espansione dei ghiacci (fenomeno conosciuto come "albedo").
L'andamento dell'insolazione, in funzione delle variazioni climatiche a causa dei moti millenari può essere usato per spiegare una diminuzione delle temperaturre tali da produrre una glaciazione. 
Allo stato attuale, l'unica ipotesi soddisfaciente è quella proposta da Milancovich, che serve per una ricostruzione paleoclimatica del quaternario.

lunedì 22 luglio 2013

QUESTO PAZZO CLIMA



“ I tentativi di previsione del tempo e le possibili evoluzioni del clima”


Non possiamo parlare di clima o di previsione del tempo se non conosciamo le dinamiche dell’atmosfera, quella sottile pellicola gassosa che circonda la Terra.
Essa è sempre stata al centro dell’attenzione umana, tanto che Isocrate circa 2400 anni fa la definì come: “ la turbolenza in cui viviamo”.  Queste parole risultano attualissime e suggeriscono perché lo studio dell’atmosfera e dei suoi fenomeni sia così complesso.
Heisenberg (uno dei fondatori della meccanica quantistica) in un seminario nel 1974 citò la “turbolenza” come uno dei problemi irrisolvibili della scienza moderna.
L’aria, specie la troposfera, si trova perennemente in uno stato caotico: i suoi fenomeni sono “non lineari” e quindi essenzialmente imprevedibili; la turbolenza in cui viviamo è fondamentale per la nostra esistenza e il suo comportamento è una sfida per la ricerca. In realtà il caos, cioè il disordine, è una proprietà di molti aspetti della natura, in particolare le previsioni meteorologiche così importanti per la vita quotidiana.
Per prevedere il tempo, il servizio meteorologico che fa capo all’Organizzazione Meteorologica Mondiale si serve di computer, di radar particolarmente utili per il monitoraggio e il controllo dei cicloni tropicali, inoltre vengono utilizzati satelliti che forniscono immagini nitide dei sistemi nuvolosi, consentendo di individuare le perturbazioni atmosferiche e di seguirne gli spostamenti.  Sembra facile, con questi strumenti prevedere il tempo che farà, ma non è così: nonostante tutti gli sforzi ci si può fidare di previsioni entro i due/tre giorni; oltre, l’incertezza è notevole. L’imprevedibilità è dovuta al fatto che i fenomeni meteorologici derivano dall’interazione di molti fattori, ognuno dei quali può cambiare la situazione.
Come una goccia d’acqua fa traboccare il vaso, così nell’atmosfera una piccola causa può produrre un grande effetto, situazione che viene definita dai fisici di “non linearità”.

Il clima e l'effetto serra
Il clima condiziona la nostra vita, sembra un argomento di conversazione poco impegnato, adatto a stabilire un dialogo, infatti quando si parla di clima, la maggior parte delle persone afferma: "le stagioni non sono più quelle di una volta", o ancora "fa troppo caldo, troppo freddo.."Ma è davvero così?
Teoricamente la climatologia offre una risposta scientifica, ma ancora oggi non è così sicura. In meteorologia, la parola "tempo" definisce l'insieme delle manifestazioni atmosferiche: pioggia, vento, freddo, caldo... Pur nell'ambito di un'ampia variabilità le condizioni meteorologiche di un luogo sono comprese entro valori determinati di piovosità, temperatura e così via. Nell'arco di molti anni, questi valori possono toccare limiti estremi, ma ad esempio la piovosità tipica delle foreste equatoriali, non si riscontrerà mai in un deserto.
Molti scienziati hanno dato una definizione di "clima", ad esempio per il Pinna si tratta di una risultante delle situazioni più tipiche che si ripetono più volte nel corso dell'anno e che pertanto lasciano la loro impronta nelle condizioni ambientali.
Il clima terrestre, pur essendo apparentemente stabile, e comunque mantenendosi in un "equilibrio dinamico", in realtà è sempre cambiato. La Terra sin dalle sue origini ha subito un'alternanza di periodi caldi e freddi, culminati anche da periodi glaciali, intervallati da fasi di clima temperato o caldo.
Il clima ha scolpito la superficie terrestre e ne ha condizionato la vita dei suo abitanti; già dal '700 Fourier e Carnot ritenevano che i responsabili delle variazioni climatiche fossero l'energia solare e il biossido di carbonio.
Oggi sappiamo che tutta l'energia che la popolazione ha a disposizione (tranne quella atomica) deriva direttamente o indirettamente dal Sole: l'energia emessa nell'unità di tempo è enorme, ma la Terra, a causa delle ridotte dimensioni e della distanza ne riceve al limite superiore dell'atmosfera circa 2 cal/min su una superficie di un centimetro quadrato. Questa quantità di energia non ha significative variazioni nel tempo ed è chiamata costante solare.
Contrariamente  a quanto si possa pensare, l'atmosfera non viene riscaldata direttamente dai raggi solari, in quanto essi consistono in radiazioni elettromagnetiche aventi diversa lunghezza d'onda, ma alle quali l'atmosfera è perfettamente trasparente. La quantità di radiazione solare che giunge al suolo viene in parte restituita come radiazione infrarossa che scalda l'atmosfera.
Il bilancio energetico della radiazione solare è questo: di tutta la radiazione che raggiunge la parte superiore dell'atmosfera solo il 51% riesce a raggiungere la superficie terrestre mentre il rimanente 49% viene assorbito e riflesso dall'atmosfera.
La superficie terrestre assorbe circa il 47% delle radiazioni, mentre il 4% viene riflesso sotto forma di onde lunghe ( infrarosso) le quali vengono assorbite quasi completamente dai "gas serra" presenti nell'atmosfera, che comprendono oltre all'anidride carbonica, anche metano, protossido di azoto e altri gas prodotti dalle attività umane.
Se non fossero presenti questi gas serra la temperatura sulla Terra sarebbe di circa 33°C inferiore a quella attuale.




Se prendiamo in considerazione lunghi intervalli di tempo, si può constatare che la temperatura media si mantiene pressochè costante, infatti il sistema Terra - atmosfera, restituisce  allo spazio la stessa energia che giunge dal Sole; questo bilancio termico varia notevolmente con la latitudine: alle basse latitudini l'energia ricevuta supera quella dissipata; alle alte latitudini accade il contrario , ma il movimento delle masse d'aria e degli oceani trasferisce il calore da una zona all'altra in modo che il bilancio termico si mantenga pressochè nullo.

Il mondo sta diventando più caldo?
L'equilibrio tra atmosfera, biosfera e idrosfera può essere perturbato con estrema facilità. Ogni cambiamento ha effetti sul clima perchè tutti i gas atmosferici partecipano ai cicli vitali e influenzano la temperatura. Tra i gas presenti nell'atmosfera, il biossido di carbonio ha subito aumenti e già dai primi del '900 veniva considerato il responsabile del riscaldamento dell'atmosfera.
Negli anni '50 Keeling propone di monitorare l'andamento del biossido di carbonio costruendo un osservatorio alle Hawai, in particolare sul Mauna Loa, in quanto " distante migliaia di Km da qualsiasi massa continentale, il suo ambiente è uno dei più puliti al mondo ed è ideale per misurare i gas atmosferici che potrebbero modificare il clima".



Dopo un solo decennio, i dati acquisiti permettono di osservare che la presenza di biossido di carbonio aumenta con un tasso dello 0,3% all'anno; nell'era preindustriale la concentrazione di biossido di carbonio era circa 280 ppm, nel 1957 circa 315 ppm e nel 2008 circa 386 ppm.
Le cause di questo aumento sono in parte naturali come le eruzioni vulcaniche, e in parte  umane quali l'uso di combustibili fossili e la deforestazione. Fortunatamente una parte viene utilizzata dalla vegetazione, dai microrganismi fotosintetici o fissati dagli organismi marini.

La Terra si sta scaldando, così come aumenta la quantità di biossido di carbonio.

Il clima però è condizionato da diversi fattori quali l'attività solare, l'attività vulcanica, i moti della Terra, quindi non è solo il biossido di carbonio il colpevole dei cambiamenti climatici.

Come sarà il clima?
Cosa accadrà nei prossimi decenni?
Questa è la domanda che tutti si pongono, ma è ancor più difficile trovare una risposta. Sappiamo che ci sono molte variabili in gioco le quali non lasciano spazio a previsioni certe. Per il XXI secolo gli scienziati prevedono un aumento di temperatura tra 1 e 3,5 °C, aumento più marcato ai poli e meno all'equatore.
Cosa accadrebbe se la Terra fose di un paio di gradi più calda?  Il problema è anche dovuto all'instabilità del sistema climatico. Una delle prime conseguenze dovrebbe essere l'intensificazione el ciclo idrogeologico, infatti i modelli prevedono un aumento globale delle precipitazioni e dell'evaporazione tra il 3 e il 15 %. Alcune regioni quindi potrebbero avere un clima più umido, altre più arido. Nell'emisfero settentironale il regime delle piogge dovrebbe comportare forti differenze stagionali, mentre nelle zone subtropicali significherà siccità più frequente  ed estesa, inondazioni frequenti e tempeste più numerose. Nelle zone aride invece, si dovrebbe assistere ad un aumento della desertificazione.
L'aumento del livello del mare come risultato dello scioglimento dei ghiacci è una delle conseguenze più accreditate. Se dovesse aumentare il livello del mare si assisterebbe ad una maggiore erosione delle coste, un rafforzamento degli uragani e l'acqua salata potrebbe contaminare le riserve idriche. Se poi il livello del mare dovesse salire oltre un certo limite gli scenari potrebbero essere apocalittici: New York, Alessandria d'Egitto e Venezia sarebbero completamente sommerse!
Ma se l'atmosfera si scalda, la copertura delle nubi dovrebbe aumentare a causa dell'evaporazione e ciò potrebbe influenzare in modo determinante anche la formazione di tifoni e uragani.
E' difficile immaginare cosa potrà accadere a livello globale, ma è forse più facile ipotizzare cosa potrà accadere su piccola scala. 
Cosa potrà succedere in Europa o meglio ancora in Italia? 
Le simulazioni numeriche indicano che la situazione dell'Europa dovrebbe essere radicalmente diversa da Nord a Sud. Le piogge nelle regioni settentrionali dovrebbero essere più abbondanti in inverno, al contrario il clima a sud sarà umido. 
Se la tendenza al riscaldamento rimarrà costante alla fine del XXI secolo i ghiacciai delle Alpi saranno quasi spariti. La regione mediterranea potrebbe assumere caratteristiche tipiche dei tropici, con una trasformazione del regime delle piogge: siccità prolungata, alternata a tempeste che scaricheranno in poco tempo quantità d'acqua che il terreno non è in grado di assorbire e quindi un maggior rischio idrogeologico.
L'aumento delle catastrofi naturali, i deficit cronici di acqua, l'alterazione del regime delle piogge e l'erosione del suolo sono una realtà e, poco cambia se "l'impronta umana" sul clima è stata individuata o no.
Altri scienziati, attribuiscono ad altri fattori i cambiamenti climatici, in paricolare l'andamento delle correnti oceaniche. Da studi effettuati sulla dinamica delle correnti oceaniche, si pensa che il sistema di circolazione dell'Atlantico settentrionale abbia due modalità di funzionamento, sostanzialmente stabili  ma con possibilità di passaggio dall'una all'altra. La Corrente del Golfo raggiunge il Mar di Norvegia rendendo mite il clima dell'Europa nord-occidentale; la sua estensione più settentrionale è  indebolita  da una diminuzione di salinità nelle acque superficiali: l'acqua meno  densa  e meno capace di inabissarsi durante il raffreddamento invernale. Se la circolazione del nord Atlandico viene rallentata, anche l'acqua calda proveniente dal Golfo del Messico sarà sempre minore. Sembra quindi che il sistema climatico regga su un delicato equilibrio che potrbbe "saltare" all'improvviso per situazioni diverse. A innescare questo cambiamento potrebbe essere tanto un accentuato scioglimento delle calotte glaciali che immette grandi quantità  di acqua freddda nell'oceano, quanto una maggiore evaporazione; in entrambi i casi il risultato è una diminuzione di salinità, meccanismo che regolala circolazione oceanica. Se la Corrente del Golfo non raggiungesse più latitudini settentrionali, le conseguenze sarebbero disastrose e le temperature scenderebbero dai 5 a 11°C.
Quindi, cosa ci dobbiamo aspettare? Il clima è caotico, dipende da molte variabili, ma non dobbiamo pensare ad una catastrofe dietro l'angolo. Ci potrebbe effettivamente essere una mitigazione piuttosto che un'accelerazione del riscaldamento globale. Perchè non provare ad essere ottimisti?  Se effettivamente provassimo a ridurre drasticamente i gas serra, se controllassimo il taglio delle foreste che provvedono ad assorbire gli eccessi di biossido di carbonio, forse ci sarebbe un contenimento del biossido di carbonio e si guadagnerebbe del tempo...... forse nulla di più.




domenica 16 giugno 2013

I MOTI DELLA TERRA

Il nostro pianeta si muove in maniera complessa nello spazio, essendo dotato di diversi moti simultanei che si attuano con velocità e durate differenti. Tali moti sono quello di rotazione intorno al proprio asse, quello di rivoluzione intorno al Sole; accanto a questi, vi sono dei movimenti minori, dovuti all'attrazione gravitazionale esercitata dagli altri corpi del Sistema Solare, chiamati moti millenari. Si tratta di movimenti lentissimie sono: il moto di precessione degli equinozi, lo spostamento della linea degli apsidi, la variazione dell'eccentricità dell'asse terrestre.
Infine, la Terra è coinvolta nel moto di traslazione del Sistema Solare nella Galassia verso la costellazione di Ercole.

Moto di rotazione

La Terra compie attorno al suo asse una rotazione da Ovest verso Est, cioè in senso inverso del moto apparente della Sfera celeste e del Sole. La durata di questo  movimento, detta giorno sidereo è 23 h 56 m 4 sec. Noi prendiamo come riferimento il giorno solare della durata di 24 h che trova spiegazione nel moto di rivoluzione della Terra. 
Poichè ogni punto della Terra compie in un giorno un angolo di 360° , la velocità angolare è uguale in ogni luogo della Terra (fatta eccezione per i poli dove è nulla). Ciascun punto della superficie terrestre, invece, percorre una circonferenza più o meno lunga, a seconda della latitudine. Questa velocità viene detta lineare ed è massima all'Equatore e diminuisce verso i poli dove è nulla. Recenti studi hanno evidenziato che la velocità di rotazione sta subendo un progressivo ma impercettibile rallentamento, il giorno infatti si allunga di 2 millesimi di secondo ogni secolo. La causa principale sarebbe l'azione frenante che la Luna, sempre in ritardo rispetto alla rotazione terrestre, esercita sulle masse oceaniche.



Conseguenze del moto di rotazione
Il moto di rotazione  ha importanti conseguenze, quali: l'alternarsi del dì e della otte, il moto apparente della sfera celeste, la forza centrifuga, la forza di Coriolis.
La conseguenza del moto di rotazione di cui possiamo renderci conto in  maniera più immediata consiste nell'alternarsi del dì e della notte. A causa della forma pressochè sferica della Terra, i raggi solari, illuminano in ogni istante solo la parte rivolta verso il Sole, lasciando nell'oscurità i punti della parte opposta. Essa risulta quindi divisa in una zona illuminata e in una zona buia, separate da una linea, detta circolo d'illuminazione. Grazie alla presenza dell'atmosfera, si verificano dei fenomeni di diffusione (cioè quando le radiazioni incidenti tornano indietro in qualsiasi direzione) per cui il passaggio dal dì alla notte avviene lentamente, di conseguenza il circolo d'illuminazione non è una linea netta, ma una fascia in cui la luce compare o si attenua progressivamente: dì e notte sono separati dai crepuscoli; inoltre, a causa della rifrazione che i raggi solari subiscono passando attraverso l'atmosfera, il Sole è visibile all'orizzonte un pò prima di sorgere, e un pò dopo il reale tramonto.
Un altro effetto significativo della rotazione terrestre  è il moto apparente del Sole e delle stelle sulla sfera celeste da Est verso Ovest.
Visto che la Terra ruota su se stessa, tutti i corpi che si trovano sulla sua superficie sono soggetti all'azione della forza centrifuga, essa agisce perpendicolarmente all'asse di rotazione ed è diretta verso l'esterno. La forza centrifuga è massima all'equatore e nulla ai poli; ha contribuito allo schiacciamento polare  e al rigonfiamento equatoriale. Contrasta parzialmente l'attrazione gravitazionale e determina la riduzione dell'accelerazione di gravità.
Forza di Coriolis
Lo spostamento della direzione dei corpi in libero movimento sulla superficie terrestre costituisce una conseguenza molto importante della rotazione terrestre. Esso può essere espresso dalla legge di Ferrel: "a causa della rotazione, ogni corpo che si muove liberamente sulla superficie terrestre, subisce una deviazione verso destra se si trova nell'emisfero boreale, e verso sinistra se si trova in quello australe". Destra e sinistra sono riferite ad un osservatore che guardi nella stessa direzione e nello stesso senso del moto del corpo.


Questo fenomeno si spiega con il fatto che un corpo in moto tende a conservare la velocità lineare di rotazione che aveva nel punto di partenza. Quindi, se si sposta verso i poli, si dirigerà verso punti con velocità lineare via via inferiore, mentre spostandosi verso l'Equatore, si dirigerà verso punti con velocità linare via via maggiori. In entrambi i casi, sembrerà che il corpo abbia subito una deviazione verso destre nell'emisfero settentrionale ed una deviazione verso sinistra in quello meridionale, per effetto di una forza deviante che è detta forza di Coriolis. Lo spostamento è soltanto relativo, perchè ciò che realmente si sposta è la Terra che ruota con velocità lineare maggiore o minore a seconda della latitudine. La forza di Coriolis è quindi una forza apparente.
Il fenomeno della deviazione dei corpi è di particolare importanza per quanto riguarda la deviazione cui sono sottoposti i venti, le correnti oceaniche o qualsiasi altro oggetto in moimento sulla superficie terrestre.

Moto di rivoluzione

La Terra, come tutti i pianeti del Sistema solare compie un moto di rivoluzione attorno al Sole, descrivendo un'orbita ellittica di cui il Sole occupa uno dei due fuochi; il piano dell'orbita è detto piano dell'ecclittica; l'asse terrestre è inclinato di 66° 33' rispetto al piano dell'orbita e 23° 27' rispetto alla perpendicolare a tale piano.
Poichè l'orbita terrestre è un'ellisse, la distanza Terra - Sole è variabile e l'afelio è il punto di massima distanza dal Sole (circa 152 milioni di Km), mentre il perielio è il punto di minima distanza dal Sole (147 milioni di Km). La linea che congiunge idealmente afelio e perieleio è della linea degli apsidi.




La Terra per compiere il moto di rivoluzione impiega 365 d 6 h 9 min 9,5 s; tale periodo viene detto anno sidereo, l'anno solare, calcolato come intervallo di tempo tra due successivi equinozi (o solstizi) ha una durata di 365 d 5 h 48min, cioè ha una durata inferiore di circa 20 min. L'anno solare è più breve a cuasa della precessione degli equinozi ed è utilizzato come riferimento per la definizione dell'anno civile che, secondo il calendario adottato nel mondo occidentale, dura 365 giorni e 6 h. Per ovviare a questa discrepanza, ogni quattro anni sia ggiunge un giorno. (anno bisestile). Però per garantire unamigliore corrispondenza tra anno civile e anno solare, nel calendario gregoriano, tra gli anni secolari, sono bisestili solo quelli le cui cifre siano divisibili per 400.

Conseguenze del moto di rivoluzione
Gli effetti più significativi del moto di rivoluzione sono: la diversa durata tra giorno solare e fiorno sidereo, il moto apparente del Sole sulla sfera celeste, le stagioni astronomiche.
1) Giorno solare e giorno sidereo


Il giorno sidereo corrisponde all'intervallo di tempo che intercorre tra due passaggi successivi della stessa stella sul meridiano del luogo; la sua durata è 23 h 56 min 4 s; il giorno solare è l'intervallo di tempo tra due culminazioni consecutive del Sole sul meridiano del luogo ed ha una durata di 24 h.
Questo perchè, durante la rotazione terrestre, la Terrra compie un arco di circa 1° ogni giorno che corrisponde ad un ritardo di circa 4 minuti.

2) Le stagioni astronomiche
Durante l'anno, sulla superficie terrestre, si osservano dei periodici cambiamenti d'illuminazione, osservando tali variazioni, si può suddividere l'anno in quattro periodi, definiti stagioni astronomiche, caratterizzati da condizioni diverse. Le stagioni sono determinate non solo dal moto di rivoluzione, ma anche dall'inclinazione dell'asse terrestre rispetto al piano dell'ecclittica e al fatto che l'asse di  rotazione si mantenga sempre parallelo a se stesso. Il fatto che l'asse terrestre sia inclinato, fa sì che la posizione del Sole rispetto al piano equatoriale e la posizione del corcolo d'illuminazione oscillano durante l'anno tra due situazioni estreme corrispondenti ai solstizi. Le conseguenze sono periodiche variazioni nella durata del dì e l'altezza del Sole in modo diverso a seconda della latitudine.
Durante l'equinozio di primavera e d'autunno (21 marzo e 23 settembre), i raggi solari sono allo Zenit sull'Equatore (angolo di 90° con il piano dell'orizzonte), il circolo d'illuminazione passa per i poli, e il dì e la notte sono uguali in tutti i punti della Terra.
Durante il solstizio d'estate e d'inverno ( 21 giugno e 22 dicembre), i raggi solari sono perpendicolari rispettivamente al Tropico del Cancro e al Tropico del Capricorno. In entrambi i casi il circolo di illuminazione è tangente a due paralleli che distano dall'Equatore 66° 33' cioè il Circolo polare artico e antartico, e taglia obliquamente tutti gli altri paralleli. Durante l'estate, tutti i punti a Nord dell'Equatore, restano per un tratto più lungo nella parte illuminata e quelli a sud, per un tratto più lungo nella parte oscura. Nel solstizio d'inversno accade il contrario.




domenica 2 giugno 2013

I MINERALI

La mineralogia, nasce nel XVI secolo grazie a G. Bauer, il quale portò a compimento il primo tentativo di classificazione dei minerali in base alle loro caratteristiche fisiche. Tuttavia l'interesse dell'uomo per i minerali è molto più antico. Oggi i minerali vengono studiati per l'estrazione di elementi chimici essenziali per molte applicazioni tecnologiche e industriali, un esempio è il Silicio per i computer, l'Uranio per le centrali nucleari o ancora il Titanio utilizzato ad esempio come fotocatalizzatore di inquinanti organici. I minerali inoltre forniscono ai geologi preziose informazioni sui processi di trasformazione subiti dalla superficie terrestre nel corso del tempo geologico.

I minerali, sono sostanze naturali, solide e cristalline, originati da processi inorganici, che presentano una composizione chimica definita. Ogni minerale può essere riconosciuto grazie alle proprietà fisiche e chimiche caratteristiche e costanti, inoltre possono essere costituiti da elementi composti o miscele isomorfe. Un esempio importante di miscela isomorfa è rappresentato dall'Olivina (o Peridoto), un nesosilicato caratterizzato dal tetraedro silicatico che piò essere completato indifferentemente da Ferro o Magnesio, chiamati ioni vicarianti. L'Olivina, non presenta una formula chimica ma una formula mineralogica. Talvolta la stessa sostanza può dare origine a cristalli con diverso reticolo cristallino; ciò dipende dalle condizione di cristallizzazione, due esempi sono: diamante - grafite costituiti da Carbonio allo stato puro o, calcite - aragonite costituiti da carbonato di calcio. Quando sussistono queste condizioni si parla di polimorfismo.
La quasi totalità dei minerali presenta una strutura cristallina, cioè una disposizione spaziale degli atomi o ioni ordinata secondo una geometria caratteristica. Pochi si presentano sotto forma di solidi amorfi cioè caratterizzati da uno stato di disordine, che si riflette sull'abito esterno. Un esempio sono i vetri vulcanici, caratterizzati da colore scuro, frattura concoide e non presentano un punto fisso di fusione.

La struttura dei cristalli
Durante il processo di cristallizzazione, qualsiasi modificazione delle condizioni ambientali influenza la struttura del cristallo. Le caratteristiche strutturali dipendono innanzitutto dal tipo di legame che si instaura fra gli atomi che lo costituiscono. Possono essere quindi distinti in: solidi ionici, covalenti, metallici o molecolari; dal tipo di legame dipendono anche le loro proprietà fisiche: ad esempio i metalli possiedono un'elevata conducibilità, mentre quelli caratterizzati da legami covalenti hanno un'elevata durezza (es. diamante).
Ogni cristallo possiede una forma esterna poliedrica , delimitata da facce che si intersecano lungo linee detti spigoli, formando angoli costanti per la stessa sostanza. La regolarità nella disposizione delle facce è in relazione alla sua struttura interna: la disposizione di atomi o ioni formano la cosiddetta cella elementare che si ripete miliardi di volte nello spazio per dare origine ad un cristallo visibile ad occhio nudo. A volte la crescita dei cristalli è ostacolata da spazi limitati o dalla formazione contemporanea di cristalli vicini, si nota quindi uno sviluppo maggore di alcune facce rispetto ad altre chiamate geminati.

Pirite, solfuro di ferro cristallo cubico (collezione personale)

Gesso, solfato di calcio idrato, esempio di geminazione detta a ferro di lancia ( collezione personale)


Alcune proprietà fisiche dei minerali
Le proprietà fisiche dei minerali forniscono indicazioni utili per il loro riconoscimento; le più importanti sono:
durezza: è la misura della resistenza all'abrasione e alla scalfittura; dipende dall'intensità dei legami che agiscono tra le sue particelle. Per la misura della durezza viene utilizzata empiricamente la scala di Mohs che consta di 10 termini, ognuno dei quali scalfisce le superfici del minerale che lo precede nella scala e viene scalfito dal minerale che lo segue. In questa scala i minerali vengono classificati in teneri (talco e gesso),che si rigano con un unghia; semiduri (calcite, fluorite, apatite, ortoclasio) che si rigano con una punta di acciaio e duri (quarzo, topazio corindone e diamante) che non si rigano con una punta d'acciaio.


densità: è il rapporto tra la massa e il volume di un corpo, è direttamente proporzionale all'addensamento degli atomi nel reticolo cristallino ed è alta nei composti con un elevato numero di coordinazione come i metalli.
sfaldatura: è la proprietà di alcuni minerali a rompersi secondo piani di solito paralleli alle facce; i piani di sfaldatura sono sempre perpendicolari a direzioni lungo le quali la forza dei legami è minima. Se le forze hanno la stessa intensità nelle tre direzioni, si ottengono fratture irregolari e in questo caso parliamo di frattura.
lucentezza: misura il grado in cui la luce è riflessa dal cristallo e può essere metallica (per i minerali opachi) o non metallica o vitrea ( per quelli trasparenti).
proprietà ottiche: sono importanti per lo studio e il riconoscimento dei minerali in sezione sottile al microscopio. Possono essere monorifrangenti (quando la luce  rifratta si propaga alla stessa velocità in tutte le direzioni), o birifrangenti (la luce rifratta, si divide in due raggi, uno ordinario e uno straordinario che vibrano in piani tra loroperpendicolari e si propagano con diverse velocità) come nel caso della calcite nella varietà Spato d'Islanda: l'osservatore vede al di sotto del cristallo l'immagine sdoppiata.

Calcie varietà Spato d'Islanda (collezione personale)
colore:è sicuramente la proprietà più appariscente anche se la meno adatta a riconoscere il minerale. Alcuni minerali presentano sempre lo stesso colore, altri possono presentare diverse colorazioni come il quarzo.
CLASSIFICAZIONE DEI MINERALI

Se prendiamo in considerazione la litosfera, osserviamo che il 98 % della massa è costituita da soli otto elementi: l'Ossigeno è il più diffuso e da solo occupa il 93 % del volume totale della crosta, a differenza del Carbonio che occupa meno dell'1 %. Altri elementi significativi sono il Silicio, Alluminio, Ferro, Calcio, sodio, Potassio e Magnesio che si legano facilmente all'Ossigeno, dando origine ai diversi minerali.
Data la grande varietà dei minerali, è stato necessario individuare criteri precisi per la loro classificazione; uno dei più diffusi è quello di tipo chimico, e considera l'anione che caaratterizza i minerale; se questo è l'Ossigeno, si legherà con cationi metallici per formare gli ossidi. L'Ossigeno si lega anche con altri elementi per formare ad esempio lo ione silicato, carbonato e solfato. In minor percentuale esistono altri minerali quali i solfuri o gli elementi nativi che sono molto rari.
Ogni specie mineralogica è caratterizzata da una formula mineralogica e da una particolare struttura cirstallina.

I Silicati
Sono i minerali più abbondanti della crsota terrestre e tutti a parte la Silice sono caratterizzati dal tetraedro silicatico SiO4 (4-) che rappresenta l'unità fondamentale del reticolo cristallino. Il Silicio forma quattro legami covalenti con altrettanti atomi di Ossigeno, ciascuno dei quali può ancora formare un legame. Il tetraedro silicatico può raggiungere la stabilitàin tre modi:
- formando legami con ioni metallici come Fe, Mg, K e Na, che fanno da ponte tra  un tetraedro e l'altro;
- legandosi in parte con ioni metallici e in parte condividendo gli atomi di Ossigeno con tetraedri adiacenti;
- mettendo in comune tutti gli atomi di Ossigeno con i tetraedri adiacenti.
I silicati possono essere divisi in due grandi classi in base al rapporto tra Si e O in: Silicati femici  (hanno una bassa % di tetraedri silicatici e un elevata % di ioni metallici tra cui Fe e Mg) e Silicati sialici (hanno un'elevata % di tetraedri silicatici e bassa di ioni metallici, contengono Alluminio, sono chiari e meno densi dei precedenti).
La classificazione all'interno dei silicati non è di tipo chimico, ma di tipo strutturale, in quanto dipende dal modo in cui i tetraedri si uniscono fra loro.

  

I Silicati sono classificati in base alla modalità con cui i tetraedri sono disposti nello spazio, i principali sono:
- nesosilicati: sono caratterizzati d a tetraedri isolati tenuti assieme da ioni positivi che si legano all'atomo di Ossigeno mediante un legame ionico. Presentano generalmente durezza e peso specifico elevati.  Un esempio sono le olivine , miscele isomorfe di Fe e Mg legati al tetraedro silicatico, e caratterizzate da una colorazione verde più o meno intensa. Altri nesosilicati sono i granati e lo zircone.
- inosilicati: sono costituiti da tetraedri uniti tra loro a formare catene lineari  semplici o doppie. Nel primo caso ogni tetraedro condivide un  atomo di Ossigeno; nel secondo caso, i tetraedri condividono due atomi di Ossigeno per formare una catena doppia. Appartengono agli inosilicati i pirosseni e gli anfiboli; i pirosseni sono costituiti da una catena singola, sono scuri, densi e ricchi di Fe e Mg; gli anfiboli sono costituiti da una doppia catena, contengono Ca e Mg e hanno una colorazione che va dal verde marrone al blu.
- fillosilicati: sono costituiti da strati di tetraedri, nei quali ognuno di essi mette in comune tre ossigeni con tre diversi tetraedri, formando maglie esagonali che si estendono su un piano. la caratteristica dei fillosilicati è la sfaldatura lamellare. Appartengono a questa classe le miche  e i minerali argillosi. Tra le miche possiamo ricordare la biotite (scura) e la muscovite (mica bianca) contenente Al, in cui è accentuto il fenomeno della sfaldatura in sottili lamine parallele.
- tectosilicati: i quattro atomi di Ossigeno del tetraedro sono in comune con quelli vicini formando una struttura tridimensionale. L'Alluminio può sostituire atomi di Silicio formando composti chiamati alluminosilicati. Inoltre la presenza dell'Al permette l'inserimento di altri ioni come Ca, Na e K.
Un esempio di alluminosilicati sono i feldspati e tra questi possiamo ricordare il K-feldspato (Ortoclasio) contenente K e Al; può avere diversi colori, dal bianco al rosa e rosso e cristallizza in forme diverse a seconda della temperatura. Un altro esempio sono i plagioclasi contenenti anche Na e Ca. Sono chiari, incolori, alcuni sono bianco latteo.

GENESI DEI MINERALI
I minerali possono formarsi dalla solidificazione di una massa fusa sia in superficie, sia in profondità. Esso si forma quando viene raggiunta la temperatura di solidificazione che lo caaratterizza.
Altri possono formarsi per precipitazione di sostanze sciolte in una soluzione sovrassatura: in natura possono esistere bacini di acqua contenenti sali, se la temperatura si abbassa, diminuisce la solubilità e i sali precipitano sul fondo. La precipitazione può essere provocata anche dall'evaporazione del solvente, come accade nei mari chiusi, salati e con elevata temperatura. Si Formano in questo modo le serie evaporitiche.
L'ultima modalità è la sublimazione di un vapore che porta direttamente allo stato solido. Un esempio è rappresentato dalle solfatare, dove dai gas emessi, lo zolfo sublima e si deposita.




venerdì 31 maggio 2013

AZIONE GEOMORFOLOGICA DELLE ACQUE DI PRECIPITAZIONE E DEI CORSI D'ACQUA

L'acqua agisce secondo diverse modalità per quanto riguarda il modellamento del paesaggio, ma le principali sono l'azione delle acque meteoriche e quelle dei fiumi, che modificano profondamente l'aspetto del paesaggio.
L' acqua di precipitazione tende a ruscellare lungo le linee di masima pendenza e via via acquista velocità, asportando i detriti a granulometria minore. L'effetto è maggiorre dove affiorano sedimenti argillosi o poco cementati, in questo caso l'acqua incide i versanti con profondi solchi, intervallati a creste appuntite. Queste strutture sono dette calanchi e sono frequenti nel territorio italiano soprattutto lungo la dorsale appenninica.





Le acque che scorrono nei corsi d'acqua modellano la zona in cui scorrono attraverso il fenomeno di erosione, trasporto e sedimentazione.
L'erosione consiste nell'asportazione di detriti dall'alveo (o letto) e dall'abrasione effettuata dagli stessi, i quali incidono le valli: queste sono tanto più profonde, quanto le rocce sono tenaci, assumono la tipica forma a V e sono anche dette gole.


I materiali erosi, vengono trasportati in soluzione (sali), in sospensione (sabbie e argille) e per trascinamento, saltazione o rotolamento; in questo caso i ciottoli  assumono la tipica forma allungata.
La sedimentazione inizia quando quando il corso d'acqua giunge al "livello di base" che coincide con la pianura; la velocità del fiume diminuisce e i sedimenti vengono depositati e sono anche detti "alluvioni" che danno origine alle pianure alluvionali.

Nelle piane alluvionali, si possono formare anse (curve poco accentuate) o meandri.In questi ultimi, l'acqua erode sulla parte esterna del meandro, mentre all'interno prevale la sedimentazione. In tempi geologici, il terrreno che separa i meandri si stringe tanto che il fiume "salta" il meandro. Come testimonianza resta un piccolo lago semilunare chiamato lanca.

ansa



meandri

I fiumi di solito terminano sfociando o in un altro corso dì'acqua o in mare. Se sfocia in un mare soggetto a maree dis carsa ampiezza, i detriti si depositano gradatamente dando origine a foci a delta, caratterizzate da una struttura a ventaglio. I delta si formano quando il corso d'acqua sfocia in un mare in cui le correnti non hanno la capacità di disperdere i sedimenti, questi si accumulano dando origine a cordoni litoranei o lagune.
Se il corso d'acqua sfocia in un mare aperto, l'ampiezza di marea o le correnti hanno un'energia sufficiente per asportare i depositi fluviali. In questo caso il fime si allarga assumendo la forma ad imbuto, generando un estuario.

lunedì 27 maggio 2013

ROCCE METAMORFICHE

Le rocce metamorfiche derivano da una ricristallizzazione allo stato solido di rocce preesistenti, che a causa dei movimenti tettonici, vengono sottoposte a condizioni chimico-fisiche diverse da quelle in cui si sono originate.
La temperatura è il fattore che incide maggiormente, infatti se essa aumenta, cresce l'energia del sistema e l'instabilità delle strutture cristalline dei minerali, i quali possono dare origine ad altri o modificare la forma o le dimensioni dei cristalli.
Un altro fattore è la pressione: si parla di pressione litostatica per indicare la pressione esercitata dalle rocce circostanti; essa aumenta con la profondità e agisce in modo uniforme. Si parla invece di pressione orientata quando si vuole indicare le spinte che agiscono per lungo tempo in un'unica direzione; essa modifica i minerali e le rocce, alterandone la struttura e la composizione.

Tipi di  metamorfismo


Metamorfismo di contatto
Si verifica quando una massa rocciosa viene a contatto con unmagma a bassa profondità. Si verifica un riscaldamento delle rocce incassanti che ne modifica le strutture. Le rocce derivanti da questo tipo di metamorfismo sono dette cornubianiti o contattiti e di solito hanno un aspetto granulare. Se le rocce incassanti sono calcaree, la roccia risultante è il Marmo. Quello di Carrara assume una struttura "saccaroide" perchè i cristalli di calcite ricordano quelli dello zucchero., ma esso è dovuto a metamorfismo di seppelimento.

Metamorfiso cataclastico
Deriva da un aumento di pressione, risultato da attriti e frizioni che avvengono per movimenti di masse rocciose lungo i piani di faglia, dove si verifica la frantumazione della roccia stessa. Le rocce che ne derivano vengono dette miloniti o cataclasiti e si riconoscono dalle brecce in quanto i clasti sono orientati per effetto della pressione.

Metamorfismo regionale
Interessa vaste aree della crosta terrestre ed è provocato dall'azione combinata di temperatura e pressione che aumentano con la profondità e interessano rocce coinvolte in fenomeni orogenetici. 
Questo metamorfismo si realizza in un intervallo di temperature e pressioni molto ampi, quindi si possono distinguere diversi gradi metamorfici che possono essere anche definiti "facies metamorfiche".
Ad ogni facies corrispondono particolari associazioni di minerali detti "minerali indice". In genere le facies metamorfiche prendono il nome di una sola delle rocce che si possono formare in quelle condizioni di pressione e temperatura. I minerali indice di una facies sono diversi e dipendono in parte dalla roccia originaria.


Durane il processo metamorfico, i cambiamento sono evidenziati nella struttura della nuova roccia. Ad esempio la ricristallizzazione e l'aumento della grana, sono dovute ad un aumento della temperatura e questo si verifica in particolare nel metamorfismo di contatto.
In altre rocce si può osservare un'orientazione preferenziale dei minerali, questo è dovuto alle pressioni orientate e la roccia può comportarsi in modo plastico. Per effetto delle pressioni, la roccia presenta diverse strutture che vanno da lineazioni (i minerali allungati si allineano nella stessa direzione), foliazioni (in cui i minerali tendono ad accrescere secondo piani paralleli). Un particolare tipo di foliazione è la scistosità che provoca una sfaldatura della roccia in piani paralleli detti anche piani di scistosità.


domenica 26 maggio 2013

ELEMENTI DI STRATIGRAFIA

La stratigrafia è la parte della geologia che si occupa dello studio delle rocce sedimentarie. In queste rocce è quasi sempre possibile ricostruire le tappe del processo sedimentario, identificare e riconosccere i fattori che hanno portato alla degradazione della roccia madre, e l'ambiente di sedimentazione.
Una caratteristica comune a tutte le rocce sedimentarie è la stratificazione; lo "strato"infatti è l'unità deposizionale delle rocce sedimentarie: ogni strato è costituito da materiale roccioso relativamente omogeneo, in quanto si è formato in un ben definito intervallo di tempo e in condizioni sedimentarie costanti. Ogni cambiamento delle condizioni di sedimentazione porta alla formazione di uno strato diverso che si sovrappone a quello precedente, e, dal quale si distingue per composizione o per la granulometria dei clasti. Ogni strato è caratterizzato da uno spessore variabile ed è delimitato da superfici dette piani di stratificazione.
Alcune rocce sedimentarie non si presentano stratificate, ma mostrano una struttura compatta, in quanto non sono costituite da detriti, ma da sali che si formano per precipitazione o da materiali prodotti da organismi biocostruttori.
Un'altra caratteristica peculiare delle rocce sedimentarie è la presenza di fossili di organismi animali o vegetali, vissuti in ere gelogiche passate. I fossili ci permettono di effettuare delle datazioni relative degli strati in cui essi sono presenti, inoltre ci permettono di effettuare delle ricostruzioni paleogeografiche e paleoclimatiche.
Alcuni fossili, vissuti  in condizioni ambientali e climatiche particolari vengono chiamati "fossili di facies" (ad esempio i colralli) in quanto sono indicatori di particolari condizioni ambientali: acque calde, ossigenate, e una profondità che non doveva superare i 70 metri. Altri fossili, invece, definiti "fossili guida", si sono evoluti rapidamente, sono vissuti in un breve periodo geologico ed estinti. Essi si trovano in strati relativamente sottili e possono essere associati ad uno specifico periodo geologico. I fossili guida hanno avuto inoltre una grande distribuzione areale per cui sono inclusi nelle rocce sedimentarie di molte regioni del mondo. Attraverso il loro studio è stato possibile ricostruire l'ordine cornologico degli strati, l'evoluzione e l'estinzione di molte specie viventi. 
Questo è possibile grazie all'individuazione di corrispondenze temporali dette anche correlazioni, tra rocce affiorandi in diverse località. Tra i fossili guida più importanti possiamo ricordare i trilobili, le ammoniti e i nummuliti.





Sequenze stratigrafiche particolari. i flysch

Lungo la scarpata continentale, possono originarsi delle correnti di torbida, vere e proprie frane sottomarine di acqua, sabbia e fango, dotate di elevata densità. Si originano quando i sedimenti incoerenti al limite della scarpata franano a causa di  piccoli movimenti sismici o perchè superano l'angolo critico. Queste masse, incidono profondamente la scarpata continentale originando i profondi solchi chiamati canyon. Quando la torbida giunge alla base della scarpata, perde energia e inizia a sedimentare formando strati gradati costituiti da sabbie grossolane, silt e argille che vengono chiamate torbiditi. Molte di queste sequenze si trovano incluse nelle catene montuose formatesi in seguito a collisione  continentale. Esse vengono chiamate flysch e sono formate da strati di notevole spessore di arenarie, marne e argille. Alcuni esempi sono il "flysch dell'Antola" o quello della formazione marnoso arenacea della'Appennino umbro - marchigiano.


sabato 25 maggio 2013

ROCCE SEDIMENTARIE

Le rocce sedimentarie formano un sottile involucro che copre quasi ovunque la superficie terrestre, anche se rappresentano solo l'8% in volume.
Il processo sedimentario può durare milioni di anni e avviene in condizioni di bassa temperatura e bassa presione attraverso varie fasi: erosione di rocce  preesistenti con la formazione di detriti molto etterogenei per dimensioni che vengono chiamati clasti; trasporto ad opera della forza di gravità, ghiaccio e acqua (quest'ultimo è il veicolo di trasporto più efficacesia per i clasti, sia per le sostanze in soluzione); deposito o sedimentazione che può essere meccanica se riguarda i detriti che vengono abbandonati quando cala la forza degli agenti esogeni, chimica se riguarda la precipitazione di minerali trasportati in soluzione e biochimica se riguarda i sali in soluzione utilizzati da organismi.
La diagenesi è l'insieme di tutti i fenomeni che si verificano a sedimentazione avenutae che trasformano i sedimenti incoerenti in rocce coerenti. I clasti vengono continuamente coperti da nuovi strati e si riduce notevolmente la porosità: questo fenomeno è detto compattazione e, l'acqua viene espulsa dal sedimento. Negli interstizi precipitano sostanze siolte nell'acqua circolante quali carbonato di calcio e silice che svolgono un'azione cementante che determina la diagenesi della roccia.



Classificazione delle rocce sedimentarie

Le rocce sedimentarie vengono classificate in tre grandi gruppi in base alla natura dei clasti:

Rocce detritiche o clastiche: derivano dalla diagenesi dei clasti e vengono classificate in base alla dimensione dei granuli in:
  • Conglomerati: derivano dalla compattazione di ciottoli grossolani  con diametro maggiore ai 2 mm; il cemento è di solito calcareo. Se derivano dalla diagenesi di clasti a spigoli vivi vengono chiamati Brecce e si originano generalmente da diagenesi del detrito di falda.
Conglomerato

Breccia







  • Arenarie: derivano dalla diagenesi di sabbie con diametro compreso tra i 2 mm e 1/16 mm, si formano in ambiente marino poco profondo (piattaforma continentale), fiumi o laghi.
Arenaria

  • Argilliti e siltiti: derivano da diagenesi di clasti con diametro inferiore a 1/16 mm e sono costituite prevalentemente da silicati idrati di Al  (caolino) che derivano da alterazione di rocce magmatiche e metamorfiche. Si trovano in tutti gli ammbienti di sedimentazione, compresi i fondali oceanici. 
    Le argille sono rocce impermeabili, ma possono assorbire grandi quantità di acqua che ne provoca un aumento di volume e a volte fenomeni di liquefazione. L'argilla pura è bianca, ma può assumere diverse colorazioni per la presenza di impurità; alcune sono nere per la presenza di materiale organico, altre sono rosse o verdastre per la presenza di ossidi di ferro.
    Alcune volte nelle argille è presente carbonato di calcio in uguale misura: in questo caso prendono il nome di marne e sono la materia prima per la produzione del cemento.


    Argilla
  • Rocce piroclastiche: sono il prodotto della diagenesi di materiali piroclastici eruttati da vulcani
     

    Rocce di deposito chimico
     
    Sono costituite da sostanze depositate mediante processi chimici e comprendono le evaporiti , i calcari inorganici e le rocce silicee.
    Le evaporiti derivano da precipitazione di sali in bacini di acque salate, in regioni con climi caldi e aridi, in seguito all'inentsa evaporazione dell'acqua. I sali precipitano, formando serie evaporitiche caratterizzate da depositi di salgemma, gesso, anidrite e carbonati. In Italia vi sono diversi affioramenti di rocce evaporitiche soprattutto in Sicilia, nelle Marche e in Abruzzo. Questa serie sedimentaria viene chiamata formazione gessoso solfifera e si è formata circa 6/7 milioni di anni fa durante la "crisi di salinità" del Mediterraneo a causa della chiusura dello Stretto di Gibilterra che ha isolato il Mediterraneo facendo evaporare l'acqua. con i sollevamento della catena appenninica le evaporiti sono affiorate in più punti lungo la nostra penisola. 
    I calcari inorganici contengono carbonato di calcio depositato per precipitazione. Un esempio è il travertino che forma incrostazioni operati dalle acque di torrenti ricchi di carbonnato di calcio. Talvolta sono presenti impronte di foglie fossilizzate.
    Le rocce silicee si formano in seguito a precipitazione di silice. Le più comuni sono le selci costituite da quarzo in forma microcristallina. Il diaspro è una roccia silicea stratificata caratterizzata da un colore rosso dovuto alla presenza di ossidi di ferro.
     
     
    Rocce organogene
     
    Si formano in seguito all'accumulo di scheletri o gusci di organismi che precipitano sui fondli in seguito alla morte dell'organismo che li ha prodotti. A volte costituiscono edifici prodotti da organismi costruttori, come le scogliere coralline. Le roccce così formate vengono chiamate calcari conchigliari. Altre rocce organogene solo le dolomie  costituite da un carbonato doppio di calcio e magnesio. Durante i processi diagenetici l'originale carbonato di calcio può subire una trasformazione chimica da parte di acque circolanti ricche di Mg. Questo processo è detto dolomitizzazione.
    Altre rocce organogene sono le radiolariti che si formano sui fondali oceanici dalla diagenesi di radiolari (organismi unicellulari a guscio siliceo) oppure la farina fossile che deriva dalla diagenesi di diatomee, alghe unicellulari che vivono in laghi di origine vulcanica.
     
     

venerdì 24 maggio 2013

PRINCIPALI ROCCE MAGMATICHE

La classificazione delle rocce magmatiche si basa su tre criteri: la struttura della roccia, il tenore in silice presente e la composizione mineralogica. Utilizzando questi tre parametri, possiamo classificare le rocce magmatiche in famiglie, in ognuna delle quali sono comprese le rocce intrusive e le loro corrispondenti effusive. La principali rocce magmatiche sono: 

GRANITO:

la famiglia dei graniti comprende rocce sialiche derivanti dalla solidificazione di magmi alcali-calcici. I minerali essenziali sono il quarzo, ortoclasio (o K-feldspato), plagioclasio e biotite. Come minerali accessori può contenere magnetite, apatite e tormalina.
Si presenta con tonalità diverse che vanno dal grigio chiaro, roseo. La struttura ha grana media o piccola, tessitura granulare e ipidiomorfa; dove il  plagioclasio tende a dare grandi cristalli.
Derivano dalla solidificazione di corpi intrusivi molto antichi o dalla solidificazione di filoni  di dimensioni variabili.

RIOLITE:


Le rioliti sono i corrispondenti effusivi dei graniti, quindi hanno un chimismo sialico e contengono li stessi minerali del granito. Il colore è molto chiaro, eccetto nelle varietà vetrose che possono essere totalmente nere (come le osidiane). Alcune possiedono una sruttura porfirica o addirittura bollosa (pomici). Presentano una caratteristica fratturazione concooide con bordi taglienti. Derivano da un rapido raffreddamento di un magma granitico, molto viscoso: si formano quindi in cupole, camini o filoni - strato; molto raramente in colate laviche vere e proprie.


DIORITE:


Le dioriti sono rocce magmatiche intrusive con chimismo intermedio; sono costiruite da plagioclasio e pirosseno; come minerale accessorio può essere presente quarzo. 
Si presentano con un colore che va dal grigio chiaro a più scuro; tessitura granulare e ipidiomorfa; la grana è medio - grossa. Simili alle dioriti, sono le granodioriti, che contengono anche quarzo e sono caratterizzate da grana medio - fine.
Le dioriti derivano da solidificazione di masse di transizione che derivano da differenziazione di un magma basico. Le granodioriti invece derivano da processi di anatessi sucrostale.


ANDESITE:

 Le andesiti sono rocce magmatiche effusive, con chimismo intermedio; contengono plagioclasio e biotite e come minerali accessori: anfibolo e pirosseno.
L'aspetto è bruno nerastro se la pasta di fondo è prevalentemente vetrosa, la struttura è porfirica in cui il plagioclasio e la biotite spiccano nella pasta di fondo vetrosa o microcristallina. Si formano dalla solidificazione di colate laviche in regioni di notevole attività tettonicae in associazione con basalti. Le andesiti deriverebbero da fusione a grande profondità di basalti contaminati da materiale sialico.


BASALTO:



 Roccia magmatica effusiva con chimismo basico. I minerali essenziali sono il plagioclasio e il pirosseno e, come accessori magnetite ed ematite. 
Presentano un colore molto scuro, fino a nero, tessitura microcristallina o vetrosa . La struttura è massiccia a talvolta con fratturazione colonnare, ma anche bollosa o a corda. sono inoltre frequenti strutture a pillow costituite da forme globose e derivano da solidificazione di lave basaltiche sui fondali oceanici.
I basalti sono le rocce effusive più comuni e molto spesso si trovano sotto forma di plateaux formati da colate sovrapposte provenienti da fratture profonde ed estese linearmente.

GABBRO:





 I gabbri possono essere sostanzialmente di due tipi: gabbri eufotidi e gabbri olivinici; sono rocce magmatiche intrusive con chimismo basico.
I primi sono caratterizzati da plagioclasio e pirosseno, i secondi da plagioclasio, olivina e pirosseno.
L'aspetto va da grigio verdastro molto eterogeneo a grigio bruno; la tessitura è granulare e ipidiomorfa con grana da grossa a media a seconda dei tipi. 
I gabbri eufotidi rappresentano il basamento dei fondali oceanici e si presume si siano formati in ambiente distensivo, durante l'apertura di un fondale oceanico.

PORFIDO:



 I porfidii sono rocce magmatiche effusive con chimismo sialico. Sono caratterizzati da quarzo, feldspato, biotite e plagioclasio. Hanno colore da grigio chiaro a rosa o rosso mattone; hanno struttura porfirica con grossi fenocristalli di quarzo e di feldspato immeersi in una pasta di fondo microcristallina o vetrosa.
Derivano da grandi colate ed esplosioni di vulcani di tipo fissurale. Vengono utilizzati come materiali da costruzione e come pavimentazioni stradali.


PERIDOTITE:


Le peridotiti sono rocce magmatiche intrusive con chimismo ultrabasico. sono costituite da olivina, pirosseno, granato e come accessori magnetite e grafite. Il colore è verde più o meno scuro con chiazze rossastre dovute alla presenza di granati; la tessitura è ipidiomorfa. 
Come ambiente geologico, derivano da ammassi venuti a giorno lungo faglie profonde  o incluse in rocce metamorfiche. Sono considerate brandelli di mantello portati in superficie da un fenomeno esplosivo.