lunedì 26 maggio 2014

LA DINAMICA DELLA LITOSFERA

La parte superficiale della Terra è costituita da un involucro rigido definito litosfera, esso è suddiviso in un certo numero di frammenti o placche che sono in continuo movimento l'uno rispetto all'altro. La manifestazione più vistosa della mobilità delle placche è la presenza di fasce attive della crosta, interessate da fenomeni sismici o magmatici.
La prima teoria riguardante lo spostamento dei continenti fu proposta e presentata nel 1912 da Alfred Wegener. Secondo questo scienziato circa 200 milioni di anni fa le masse continentali erano unite in un unico supercontinente chiamato pangea e circondato da un oceano chiamato panthalassa. A ridosso dell'equatore vi era un braccio di mare poco profondo chiamato tetide che separava parzialmente la pangea.



L'idea di Wegener nacque da alcune osservazioni, ricavate dallo studio della geomorfologia, della paleontologia e della paleoclimatologia.
Dall'esame di un planisfero notò che le piattaforme continentali dell'Africa e del Sudamerica  "si potevano incastrare" come i pezzi di un puzzle. Notò inoltre dall'analisi delle rocce presenti sulle sponde dell'Atlantico che le caratteristiche erano molto simili. Inoltre in alcune serie sedimentarie scoprì l'esistenza di fossili guida identici ritrovati anche in una parte dell'Australia. I reperti più significativi erano il mesosaurus, un rettile caratteristico di acque dolci e la glossopteris, una felce arborea. I resti fossili hanno permesso a Wegener di ricostruire la paleogeografia in quanto erano indicatori climatici assieme a resti di antiche glaciazioni  presenti in zone equatoriali. 
Per quanto riguarda le "prove scientifiche" pensò che il responsabile della deriva dei continenti fosse la forza centrifuga originata dalla rotazione terrestre.
La teoria di Wegener rimasse argomento di controversie per una decina di anni e poi definitivamente abbandonata.

Teoria dell'espansione dei fondali oceanici 

Negli anni '50 le ricerche geologiche ebbero un nuovo impulso, in particolare l'oceanografia e furono intraprese numerose esplorazioni degli  oceani, che consentirono di cartografarne con estrema precisione i fondali.
Attraverso lo studio dei fondali oceanici si è scoperto infatti la presenza di un sistema di dorsali sommerse, lungo circa 70000 Km. Esse corrispondono ad una fascia di crosta oceanica inarcata verso l'alto tanto che la sommità è di 2- 3000 m più alta dei circostanti fondali oceanici. Si tratta di una gigantesca "cicatrice" in rilievo che non occupa posizioni equidistanti dai margini continentali e, in certe zone come il Golfo di Aden o la California penetrano nei continenti.
La cresta delle dorsali è quasi sempre caratterizzata da un solco longitudinale  largo qualche decina di Km e profondo dai 1500 ai 3000 metri, chiamato rift valley, per la sua grande somiglianza con il sistema di fosse dell'Africa Orientale; in qualche punto emerge come nelle Azzorre o in Islanda.
L'asse della dorsale è attraversata da un sistema di faglie trasversali chiamate faglie trasformi lungo le quali si verifica uno scorrimento reciproco di blocchi di litosfera oceanica .
Lungo le faglie che delimitano la rift valley risale continuamente dal mantello del magma basaltico che fuoriesce da innumerevoli punti sul fondale oceanico solidificando sotto forma di pillow - lavas. Inoltre sul fondo delle rift valley sono state scoperte sorgenti ifrotermali: Lì l 'acqua marina penetra nelle fratture delle dorsali, scende per parecchi Km e si riscala al contatto con il magma basaltico. Divenuta meno densa, essa risale fino a sgorgare con violenza dal fondale oceanico con getti caldissimi intorno ai 380° ricchi di minerali e gas portati via in soluzione dai basalti.
L'insieme delle caratteristiche osservate lungo le dorsali,  indica che sotto alla crosta oceanica, deve esistere un flusso ascendente di materiale molto  caldo, non completamente fuso, o forse solo in minima parte.
Dallo studio dei fondali oceanici, sono emerse altre strutture caratteristiche dal punto di vista geomorfologico, tra queste le più comui sono le piane abissali e le fosse oceaniche.
Ai lati della dorsale, il fondale si estende fino alle pianure abissali, zone pianeggianti molto estese e con profondità fino ai 5000 metri circa. Esse sono ricoperte da un sottile strato di sedimenti caratterizzati da argilliti e radiolariti. Se il fondale è meno profondo possiamo trovare anche sedimenti carbonatici come ad esempio i "calcari a calpionelle". Sulle piane abissali possono essere presenti rilievi isolati generalmente di origine vulcanica come ad esempio i guyot che presentano una superficie tronca.
Altro elemento caratteristico del fondale oceanico sono le fosse, depressioni molto profonde e relativamente strette, molte delle quali scendono a più di 10 000 m di profondità.  Un tipico allineamento di tali strutture è presente lungo il bordo occidentale del Pacifico, dove le fosse si susseguono dallo Stretto di Bering fino alla nuova Zelanda, al largo di Giava e Sumatra e lungo le coste del Sudamerica. La fossa può essere definita come un incisione del fondale oceanico che si immerge o sotto crosta oceanica o sotto crosta continentale. Il piano di scivolamento viene chiamato Benioff e scende in profondità con un angolo di circa 45°. Lungo il piano di Benioff sono localizzati ipocentri sismici da superficiali a profondi, il flusso termico è molto ridotto rispetto alle dorsali e in queste zone la litosfera oceanica subduce immergendosi nell'astenosfera.
A una certa distanza dalla fossa si osserva sempre un'intensa attività vulcanica caratterizzata da archi insulari (isole vulcaniche ) o archi di cordigliera (vere e proprie catene montuose sui continenti).




LA TETTONICA DELLE PLACCHE

 La crosta terrestre è il prodotto di una lunga evoluzione attraverso continue trasformazioni che coinvolgono enormi volumi di rocce che si susseguono nel tempo geologico; inoltre la distribuzione dei vulcani e degli ipocentri sismici non è casuale ma caratterizzata da settori ben definiti delimitati da aree più tranquille.  Essa è stata formulata nel corso degli anni 70 e prende in esame il comportamento della litosfera nei confronti dell'astenosfera, meno rigida, sulla quale la litosfera può muoversi.


Secondo la teoria della tettonica a placche la litosfera è suddivisa in una ventina di zolle o placche di dimensioni molto vaire, caratterizzate da margini di diverso tipo. Le placche si muovono lentamente sull' astenosfera, trascinate passivamente dai moti convettivi presenti nell'astenosfera. Le placche possono essere costituite da sola litosfera oceanica ( come la placca pacifica), da sola litosfera continentale ( come la placca euroasiatica) o mista ( come la placca africana). Le placche litosferiche si muovono molto lentamente, sull'ordine di alcuni cm l'anno. 
I limiti delle placche, chiamati margini  vengono distinti in tre tipi: 
  •  margini divergenti o costruttivi, lungo i qualli si crea nuova crosta oceanica. Coincidono con le dorsali oceaniche, ma vengono inclusi in questa categoria anche i rift continentali come quello africano. Le due zolle ai lati della dorsale si accrescono e la crosta oceanica viene spinta lateralmente rispetto alla dorsale. Questi marigni sono caratterizzati da attività sismica  superficicale e attvità vulcanica.
  • margini convergenti o distruttivi, lungo i quali le zolle contigue sono spinte l'una contro l'altra. Coincidono con le zone di subduzione sia oceaniche che sotto ai continenti. Altri megini convergenti sono quelli continentali dove si formano le grandi catene montuose.  I margini distruttivi sono caratterizzati da intensa attività sismica e magmatica.
  • margini conservativi, lungo i quali le zolle scivolano l'una rispetto all'atra lungo le faglie trasformi (cioè a scorrimento orizzontale). Sono caratterizzati da intensa attività sismica ma privi di attività magmatica.





MARGINI DIVERGENTI

Come già detto, i margini divergenti coincidono con le dorsali oceaniche, in corrispondenza di queste strutture la crosta oceanica si inarca, si assotiglia e si frattura; il materiale plastico che risale dall'astenosfera fonde, generando un magma femico che in parte solidifica in profondità generando gabbri, in parte risale originando la dorsale dalla quale fuoriescono lave basaltiche. Il materiale fuso sottostante è costretto a dividersi in due rami che scorrono in direzioni opposte ed esercitano una trazione sui due blocchi della lotosfera a lato della frattura. La frattura viene quindi riaperta e richiusa dal magma che risale e si raffredda; la trazione, origina faglie parallele all'asse della dorsale: i blocchi scivolano verso il basso e si origina una struttura a gradini tipica di una dorsale oceanica. Inoltre ogni risalita di magma "spinge" le colate precedenti ai lati della dorsale facendo così espandere il fondale oceanico.
La velocità di espansione degli oceani non è costante: nell'Atlantico arriva a 3 - 5 cm l'anno, nella dorsale pacifica invece si raggiungono i 15 cm l'anno circa.
L'espansione dei fondali richiede centinaia di milioni di anni, attualmente possiamo osservare nella regione del Mar Rosso la formazione di un nuovo oceano che da 20 milioni di anni fa, avviò la sepoarazione della placca araba da quella africana.
Un oceano in fasi iniziali è rappresentato dal rift africano dove la crosta continentale si sta fratturando, originando profonde fosse.

MARGINI CONVERGENTI

 I margini convergenti sono quelli in cui le zolle entrano in collisione tra loro. A seconda della natura delle zolle ai lati del margine, possiamo distinguere diverse situazioni:
  • collisione tralitosfera oceanica e litosfera continentale: quando la litosfera oceanica entra in collisione con quella continentale, quella oceanica più densa, si immerge sotto il margine continentale originando una zona di subduzione; in questa situazione si viene a formare una fossa oceanica , si hanno ipocentri sismici da superficiali a profondi  ed infine la formazione di un arco vulcanico sul continente. La fossa segna il limite delle due zolle e, quella oceanica incurvandosi verso il basso trascina con se i sedimenti che di solito sono di origine silicea. Quando il materiale arriva ad una profondità di circa 150 Km lungo il Benioff, la crosta oceanica ed i sedimenti fondono parzialmente originando grani quantità di magma. Parte di esso raggiunge la superficie alimentando vulcani che costituiscono un arco vulcanico anche detto arco di cordigliera. Si assiste quindi ad un ispessimento della crosta continentale e la formazione di una catena montuosa. L'esempio più tipico è rappresentato dai vulcani della "Cordigliera delle Ande", originata dalla collisione tra la placca di Nazca e quella sudamericana. In queste zone oltre a fenomeni sismici molto intensi si assiste ad eruzione violente caratterizzate da lave andesitiche.
  •  collisione tra due zolle oceaniche: in questo caso, si verifica la subduzione  della crosta più rigida e fredda originando una fossa in pieno oceano, lontano dai margini continentali. I magmi prodoti dall'anatessi risalgono attraverso la litosfera originando vulcanismo sottomarino che emergeranno poi, formando un "arco insulare". Accanto all'intensa attività vulcanica, queste zone saranno caratterizzate da intensa sismicità. Un classico esempio è dato dal Giappone  e dalle Filippine. Tra le isole vulcaniche e il margine continentale resta un braccio di mare deto bacino di retroarco.
MARGINI CONSERVATIVI
I  margini lungo i quali le placche scivolano parallelamente l'una rispetto all'atra seza formazione o distruzione di porzioni litosferiche, sono dette margini conservativi. In questo caso, non si ha nè subduzione o formazione di catene montuose, ma si originano faglie molto estese caratterizzate da scorrimento sul piano orizzontale, dette faglie trasformi, lungo le quali i margini scorrono in senso opposto e a velocità diverse. A causa dell'attrito tra le placche, si verificano terremoti abbastanza violenti, mentre l'attività vulcanica è assente. Un margine conservativo è la faglia di San Andreas in California, dove la zolla pacifica scivola lungo quella americana ad una velocità di circa 5 cm l'anno. Si tratta di una faglia lunga centinaia di Km e sembra essere la prosecuzione di un compleso sistema di faglie che  interessa il settore pacifico di fronte alla California e collega due tratti di dorsale oceanica. Altre faglie trasformi tagliano trasversalmente l'asse delle dorsali e ne interrompono la continuità e sono sede di ipocentri sismici superficiali.

IL MOTORE DELLA TETTONICA A ZOLLE 

La teoria della tettonica a placche spiega la dinamica globale del nostro pianeta; l'unica questione ancora oggetto di dibattito dalla comunità scientifica riguarda le cause del movimento delle zolle.
Per poter spiegare il meccanismo che aziona le zolle e la velocità di spostamento sono state formulate diverse ipotesi, nessuna delle quali ha ancora trovato una risposta definitiva.
Un'ipotesi prevede che le zolle siano spinte da forze che agiscono in corrispondenza delle dorsali, dovute alla pressione del nuovo magma che viene eruttato, e  verrrebbero trascinate dalla forza di gravità come pesanti blocchi freddi in discesa nelle zone di subduzione. In realtà sembra che tali pressioni siano insufficienti a muovere le zolle.
Si ritiene che la causa del movimento delle zolle siano i movimenti convettivi del mantello, e a questo proposito sono stati messi a punto diversi modelli di movimenti convettivi, che differiscono per la forma e le dimensioni delle celle convettive. Secondo alcuni scienziati le celle convettive coinvolgono solamente l'astenosfera, per altri coinvolgono l'intero mantello, e per altri ancora vi sono due serie sovrapposte di celle convettive.
Questi modelli hanno in comune il fatto che i rami ascendenti delle correnti convettive sono sotto le dorsali oceaniche e i rami discendenti  in corrispondenza delle zone di subduzione.  In tutti i modelli comunque, i rami paraleli alla litosfera oceanica funzionano come un nastro trasportatore, allontanandole o avvicinandole.
Alcuni hanno proposto in alternativa ai moti convettivi un modello a pennacchi, secondo il quale del materiale caldo proveniente dal mantello inferiore potrebbe contribuire al movimento delle placche. E' possibile che colonne di materiale caldo risalgano dalle zone profonde, trasferendo il calore alla litosfera; il materiale fuso risalirebbe in punti isolati e provocherebbe il movimento delle placche. Questo modello sarebbe in grado di spiegare la struttura non continua delle dorsali, la presenza delle faglie trasformi, ma al momento non esistono prove che confermino i diversi modelli proposti. 
In alcune placche litosferiche è stata inoltre scoperta l'esistenza di hot spot o punti caldi, questo termine indica fenomeni vulcanici isolati, che non sono originati dai margini delle zolle.  Qui si registra un flusso termico molto elevato, e si verifica emissione di lava esclusivamente basaltica proveniente da zone profonde del mantello. I punti cladi si trovano i diverse zone della superficie terrestre ma, quelli più studiati sono quelli della Hawaii, dell'Islanda e di Yellowstone.
Si pensa che questi vulcani siano generti da enormi "pennacchi" di materiale caldo che risalgono formando apparati vulcanici.. La posizione dei punti caldi non cambia con il tempo, infatti mentre le zolle si muovono, restano apparati vulcanici ormai spenti e sopra l'hot spot se ne formano di nuovi. Un esempio sono i vulcani di tipo hawaiano;  un altro esempio è l'Islanda che oltre ad essere attraversata dalla dorsale atlantica pare abbia un punto caldo localizzato vicino alla dorsale che intensifica l'eruzione di lava associata alla dorsale.

TETTONICA A ZOLLE E ATTIVITA' ENDOGENA

La teoria della Tettonica a zolle è in grado di spiegare tutti i fenomeni che si verificano sulla superficie terrestre che vanno dall'attività sismica a quella vulcanica.
Infatti in corrispondenza dei margini divergenti e conservativi sono presenti fenomeni sismici con ipocentro superficiale; l'attività sismica profonda è presente nelle zone di subduzione, infatti è facile che durante la trazione questi materiali accumulino energia elastica, si fratturino e provochino terremoti sempre più profondi, man mano che ci si allontana dalla fossa. Gli ipocentri dei terremoti in queste zone sono localizzati lungo il Benioff che ha un'inclinazione variabile a seconda della velocità di subduzione  e della rigidità delle zolle. I terremoti che interessano queste zone sono i più disastrosi e possono raggiungere magnitudo fino a 9. Se in una zona di fossa oceanica, l'ipocentro è superficiale e la magnitudo è magiore o uguale a 7.5 vi è una la possibilità che si origini un'onda da maremoto.
Per quanto riguarda invece l'attività vulcanica, questa è localizzata lungo i margini divergenti, attraverso eruzioni lineari tranquille, oppure nelle zone di subduzione dove si originano magmi a composizione prevalentemente andesitica che alimentano un'attività vulcanica esplosiva. Qui si originano archi vulcanici insulari sul bordo del continente o in pieno oceano come ad esempio i vulcani della cintura di fuoco circumpacifica o dell'Indonesia. Altri fenomeni vulcanici sono presenti nei punti caldi e sono caratterizzati dall'emissione "tranquilla" di lave basaltiche.

domenica 4 maggio 2014

IL CAMPO MAGNETICO TERRESTRE

Fin dal XVII secolo è noto che la Terraa possiede un campo magnetico la cui origine è ancora incerta. Per tentare di spiegarlo sono state formulate ipotesi diverse; la prima interpretazioneè che al centro della Terra , il nucleo ferroso si comporti come un dipolo permanente. Questa ipotesi è caduta quando è stato dimostrato che la magnetizzazione di qualsiasi sostanza scompare al di sopra di una determinaa temperatura detta "punto di Curie". Questa temperatura è diversa a seconda del materiale ma sempre più bassa di quella del nucleo terrestre. Quindi l'idea che al centro della Terra esista qualcosa di permanentemente magnetizzato come una barra magnetica è insostenibile. La teoria oggi più accreditata è quella della dinamo ad autoeccitazione; la fisica insegna che un campo magnetico può essere generato da cariche elettriche in movimento e che un campo magnetico a sua volta può generare un campo elettrico. Secondo questa teoria le condizioni per fornire un flusso elettrico sufficiente a creare il campo geomagnetico si realizzano all'interno del nucleo; esso infatti è costituito da metalli ed è un buon conduttore di corrente elettrica, inoltre può funzionare come un generatore di corrente perchè il materiale del nucleo è allo stato fuso. Si ipotizza che nelle prime fasi della vita della Terra si sia formato un piccolo campo magnetico generato dalla rotazione terrestre oppure da moti convettivi del nucleo stesso. Questo campo magnetico avrebbe prodotto nel nucleo correnti elettriche che a loro volta avrebero generato un campo magnetico che facilitando il mantenimento delle correnti elettriche avrebbe stabilizzato il campo geomagnetico.


Il campo magnetico terrestre si estende anche al di sopra della superficie terrestre con un'intensità che diminuisce con la distanza dal pianeta. Studiando i valori della direzione e dell'intensità del campo geomagnetico, si è scoperto che esistono variazioni delle stesse sul lungo periodo, tra queste le più importanti sono le inversioni di polarità scoperte studiando il magnetismo fossile delle rocce: con periodicità irregolare il campo geomagnetico inverte le polarità, cioè polo nord e polo sud si scambiano la posizione.

Paleomagnetismo

Da tempo si è constatato che alcune rocce possiedono una magnetizzazione propria; esse contengono minerali ferromagnetici cioè minerali con una magnetizzazione stabile indipendente dal campo magnetico esterno. Questa magnetizzazione viene acquisita dal minerale nel momento in cui si forma la roccia: quando questa solidificandosi raggiunge una temperatura inferiore al "punto di Curie" ( per l'ematite 580°C) mantiene il campo magnetico esistente al momento della sua formazione e si conserva in permanenza anche se il campo magnetico esterno muta. Questo magnetismo fossile viene definito "paleomagnetismo", e il suo studio si è rivelato uno strumento utilissimo per indagare sulla storia magnetica e geologica del nostro pianeta. 
In particolare il paleomagnetismo rappresenta la prova indipendente per la teoria della tettonica a placche. 
Le anomalie magnetiche registrate nei basalti poste simmetricamente alle dorsali oceaniche possono essere causate non solo dalle inversioni di polarità del campo magnetico terrestre, ma anche dai movimenti della litosfera che modificano l'orientamento di grandi masse rocciose dotate di magnetizzazione permanente.
Negli anni '60, analizzando il paleomagnetismo, si scoprirono dei fenomeni molto significativi per la comprensione  della dinamica della litosfera: la migrazione apparente dei poli e le anomalie magnetiche dei fondali oceanici. Il primo fenomeno indicava una differente posizione del polo nord magnetico come se nello stesso momento fossero stati presenti sulla Terra diversi assi magnetici. La spiegazione più ovvia della migrazione dei poli è che in realtà si siano spostati i continenti e che ilpèercorso apparente dei poli testimoni la reale migrazione di ciascun continente. Questo fenomeno non fu considerato subito una prova definitiva del movimento delle placche ma è stato confermato in seguito quando sono state registrate anomalie magnetiche positive e negative nei basalti dei fondali oceanici che quindi non si sono formati tutti nello stesso periodo. Il fondale oceanico diventa quindi un nastro registratore del campo geomagneticoe quindi un archivio della storia della Terra.

La coda magnetica

Nelle vicinanze della superficie terrestre, il campo magnetico ha una configurazione sostanzialmente simmetrica rispetto all'asse del dipolo: le linee di forza del campo magnetico sono disposte perpendicolarmente alla superficie terrestre in prossimità dei poli, mentre corrono quasi parallele al suolo in prossimità dell'equatore. Questa configurazione è però fortemente distorta a grande distanza dalla Terra, cioè si deformano: sono schiacciate l'una contro l'altra dalla parte del Sole, mentre si diradano dalla parte opposta. Il risultato è, che su grande scala, il campo magnetico ha una configurazione simile a quella di una cometa, con la coda dalla parte non esposta al Sole. Questo campo di forze si chiama magnetosfera e, dalla parte opposta al Sole si estende per centinaia di migliaia di Km.

La forma della magnetosfera è determinata dal vento solare, un flusso di particelle subatomiche, elettricamente cariche, che comprime la magnetosfera sul lato vicino al Sole; l'entità dela compressione dipende dall'intensità dell'attività solare.
La magnetosfera, impedisce comunque che il vento solare raggiunga direttamente la superficie terrestre, il che avrebbe coseguenze nocive sugli organismi. Solo in prossimità dei poli, dove le linee di forza del campo magnetico sono orientate verso la Terra, le particelle riescono a penetrare nell'atmosfera,producendo fenomeni di luminescenza noti come aurore polari.
L'interazione tra campo magnetico e vento solare, pèroduce inoltre sistemi di corrent elettriche che fluiscono nella magnetosfera producendo perturbazioni del campo magnetico alla superficie terrestre. Le particelle provenienti dal Sole, possono rimanere intrappolate in prossimità della Terra: possono cioè entrare in orbita e, se possiedono una particolare energia, percorrono traiettorie a spirale da un polo all'altro. Queste particelle, costituisocno le fasce di "Van Allen", una interna a circa 3000 Km dalla superficie  ed una esterna tra i 15 - 20000 Km dalla superficie. Le fasce di Van Allen contribuiscono al fenomeno delle aurore polari.