domenica 13 aprile 2014

I FENOMENI SISMICI

I terremoti sono manifestazioni superficiali dell'azione delle forze tettoniche che si sviluppano all'interno della litosfera; assieme ai fenomeni vulcanici sono la prova più evidente della dinamicità della Terra.
Essi si manifestano in aree sismicamente attive che coincidono generalmente con i margini delle catene montuose, delle dorsali oceaniche e delle zone di subduzione.
Un terrremoto è una vibrazione più o meno intensa della superficie terrestre causato dalla repentina liberazione di energia meccanica; il punto in cui l'energia viene liberata sotto forma di onde elastiche viene definito ipocentro del terremoto, da esso l'energia si propaga in tutte le direzioni. L'epicentro è il punto sulla superficie terrestre, situato sulla verticale dell'ipocentro in cui giungono per prime le onde sismiche  che sono avvertite con maggiore intensità.

Il meccanismo che genera i terrremoti è stato spiegato per la prima volta nel 1911 dal sismologo americano H. F. Reid che studiò dettagliatamente le deformazioni del suolo in prossimità della faglia di San Andreas  (una profonda lacerazione della crosta terrestre che attraversa la California per quasi 1000 Km), dopo il terremoto che colpì San Francisco nel 1906. Durante questo terrremoto si individuarono spostamenti macroscopici del terreno, dell'ordine di qualche metro lungo la faglia. Reid giunse alla conclusione che le rocce, se sottoposte a sforzi, si comportano in modo elastico e si deformano progressivamente fino a che non viene raggiunto il limite di rottura. A questo punto l'energia elastica accumulata durante la deformazione si libera, in parte soto forma di calore per l'attrito lungo la superficie della faglia, in parte sotto forma di violente vibrazioni che si propagano dall'ipocentro . Questa teoria, definita come "Teoria del rimbalzo elastico" spiega anche come i terremoti siano dei fenomeni che si ripetono periodicamente in una certa zona.
Nella Terra, le rocce sono sottoposte a sforzi da movimenti in atto nella litosfera; nei volumi di rocce interessati si accumula energia come deformazione elastica, finchè superata la loro resistenza, l'energia si libera improvvisamente generando nuove faglie o rimuovendone antiche e provocando il teremoto. Il fenomeno può esaurirsi in qualche secondo, ma può prolungarsi fino a 4 - 5 minuti e produrre terremoti violenti.
In base alla teoria del rimbalzo elastico una zona in cui si è manifestato un terremoto dovrebbe avere raggiunto un nuovo equilibrio che garantirebbe un periodo di tranquilità sismica. Se le forze tettoniche in grado di deformare la litosfera, continuano, si accumulerò nuova energia, fino a un successivo punto di rottura e ad un altro terremoto. Questo processo viene anche detto "ciclo sismico"; in esso si possono distinguere tre stadi: il primo è precedente alla formazione della faglia, la deformazione elastica provoca variazioni nelle caratteristiche delle rocce; il secondo è l'evento sismico mentre il terzo è quello post-sismico . L'area colpita cerca un nuovo equilibrio attraverso scosse successive o repliche.

Le onde sismiche

Una parte dell'energia che si libera dall'ipocentro si propaga sotto forma di onde sismiche le quali attraversando diversi tipi di rocce posssono dare origine a fenomeni di riflessione e rifrazione. Queste onde provocano una deformazione dinamica dei materiali che attraversano e, dopo il loro passaggio ogni singolo volume di roccia riacquista la conformazione originaria.
I diversi tipi di onde sismiche sono: P, S e L.


 

Onde P: queste onde vengono definite onde prime o onde longitudinali e sono le prime ad essere registrate dai sismografi. Al loro passaggio le particelle di roccia oscillano nella stessa direzione di propagazione dell'onda sismica: la roccia subisce rapide variazioni di volume, comprimendosi e dilatandosi alternativamente. Sono le più veloci e si propagano ad una velocità che va dai 7 ai 14 Km/s. Si propagano in ogni mezzo: nelle rocce compatte, nei fluidi e nei gas, infatti il tipico boato che accompagna l'inizio del terremoto è dovuto alle onde P che provocano spostamenti d'aria, con frequenze che rientrano in quelle percepibili dall'orecchio umano.
Onde S: sono anche dette onde trasversali o di taglio; al loro passaggio le particelle di roccia compiono delle oscillazioni perpendicolari alla direzione di propagazione dell'onda sismica; la roccia  subisce una variazione di forma ma non di volume. La loro velocità va dai 3,5 ai 7 Km/s. Essse sono in grado di propagarsi sono nei corpi solidi, quando incontrano un magma fuso si smorzano rapidamente.
Onde superficiali: quando le onde P ed S giungono in superficie, si trasformano in onde superficiali che si propagano dall'epicentro  lungo la superficie terrestre dove provocano oscillazioni di diverse forme. Le principali onde superficiali sono le onde di Rayleigh e quelle di Love. Al passsaggio delle onde R, le particelle compiono orbite ellittiche in un piano verticale  lungo la direzione di propagazione, come avviene per le onde in acqua. Al passaggio delle onde L le particelle oscillano trasversalmente alla direzione di propagazione ma solo sul piano orizzontale. Queste onde hanno una velocità di circa 3,5 Km/s, possono percorrere lunghe distanze (fino a compiere più volte il giro della Terra). Esse sono le onde che provocano i danni maggiori anche a notevoli distanze e al loro passaggio si possono verificare frane, fenomeni di liquefazione nelle argille e crolli.

Come si registrano le onde sismiche

La registrazione delle onde viene effettuata attraverso l'uso di sismografi che sono strumenti in grado di trasformare i complessi movimenti del suolo durante un sisma in una registrazione permanentte.


Il sismografo si basa sull'inerzia di una massa sospesa, che tende a rimanere immobile anche quando il supporto inizia a muoversi assieme al suolo; un pennino scrivente, lascia una traccia su una striscia di carta che ruota su di un rullo solidale con il terreno. Si registrano così le vibrazioni del suolo rispsetto alla massa. Per analizzare in modo corretto i movimenti del suolo se ne registrano le componenti in un sistema di tre assi perpendicolari, in ogni stazione sismica quindi, sono in funzione contemporaneamente tre sismografi: uno in grado di registrare i movimenti verticali, e due liberi di muoversi sul piano orizzontale, lungo due direzioni (Nord - Sud o Est - Ovest).
La registrazione del movimento sismico attraverso l'uso di sismografi è detto sismogramma:




I diversi tipi di onde sismiche, si propagano con velocità diversa e seguendo percorsi di varia lunghezza (più siamo distanti dall'ipocentro, tanto è maggiore l'intervallo di tempo che passa tra l'arrivo delle diverse onde sismiche). A una certa distanza dall'epicentro, invece, le diverse onde sismiche si separano e si riconoscono prima le onde P, nella parte centrale notiamo la sovrapposizione delle onde S e nella parte terminale del sismogramma compaiono prevalentemente le one superficiali, più lente, ma più ampie.
Dalla lettura di un sismogramma possiamo ricavare molte informazioni come l'energia liberata dal terremoto, la sua durata, la posizione dell'epicentro e la profondità dell'ipocentro.
Per determinare la profondià dell'ipocentro, sono necessarie le registrazioni di almeno 10 stazioni, per poter elaborare i dati in modo statistico.
Sono stati distinti quindi: terremoti superficiali, con profondità tra 0 e 70 Km; intermedi con profondità tra 70 e 300 Km e profondi con ipocentro a profondità maggiori a 300 Km. 

Intensità e magnitudo a confronto

La forza di un terremoto può essere rilevata attraverso due metodi, che consentono di costruire dele scale sismiche: la scala delle intensità e la scala della magnitudo.
La scala delle intensità adottata è la scala MCS (Mercalli, Cancani, Sieberg), che utilizza un metodo messo apunto da Mercalli agli inizi del '900 e successivamente modificato, senza apportare cambiamenti sostanziali.
Questa scala assegna ad ogni terremoto un valore numerico, detto grado di intensità determinato in base agli effetti delle scosse sismiche sul territorio e al grado di distruzione dei manufatti. Si riportano su una carta geografica i valori dele intensità  e si congiungono tutti i punti aventi uguale intensità, ottenendo  delle linee dette chiuse dette isosisme  che separano la zona più interna che comprende l'epicentro,  da zone in cui l'intensità decresce rapidamente.
La scala MCS presenta molti limiti dal punto di vista scientifico, in quanto l'intensità non è una misura dell'energia dissipata da un sisma, ma semplicemente la descrizione dei danni da esso provocati. Inoltre  la gravità dei danni dipende anche dalla conformazione geologica del territorio e soprattutto della presenza di centri abitati più o meno grandi, questi fattori rendono una difficile valutazione della forza del terremoto, quindi per misurare in modo rigoroso la forza di un teremoto, viene utilizzata la scala delle magnitudo che si basa sul seguente principio: tanto maggiore è l'energia liberata dal terremoto, tanto più ampie sono le oscillazioni registrate dal sismografo. Per costruire una scala di valore scientifico, occorre disporre di un'unità di misura, che in questo caso è il sismogramma di riferimento, inoltre si deve tenere conto della distanza dall'ipocentro e il conseguente indebolimento dele onde. La scala delle magnitudo è stata introdotta da Richter nel 1935. Secondo Richter, la magnitudo di un terremoto si ottiene confrontando l'ampiezza massima delle oscillazioni registrate da una stazione di rilevamento, con quella delle oscillazioni di un sismogramma di riferimento.
La scala delle magnitudo proposta da Richter, è una scala logaritmica, dove la Magnitudo è data dalla seguente relazione:




M = log10 A / A0 + Q

dove A è l'ampiezza massima delle oscillazioni del terrremoto studiato; A zero è l'ampiezza massima delle oscillazioni causate da un terremoto di riferimento ; Q è il fattore di correzione che tiene conto della distanza dall'epicentro della stazione di riferimento.
Di solito il terremoto di riferimento viene scelto in modo che provochi un'oscillazione  massima di 0,001 mm, su un sismografo posto alla distanza di 100 Km dall'epicentro. Tuttavia, le stazioni di rilevamento si trovano sempre a distanze diverse, quindi si usa il fattore Q, che tiene conto della distanza reale dall'epicentro.
La scala Richter è una scala logaritmica, quindi aumentando di un'unità la magnitudo, si ha un'ampiezza delle onde sismiche 10 volte maggiore; essa non ha un valore massimo predefinito, ma il massimo valore di magnitudo registrato è 9. Inoltre la magnitudo dipende dall'energia liberata dall'ipocentro, sotto forma di onde sismiche, questa non è misurabile attraverso formule, ma in linea di massima possiamo affermare che all'aumento di 1 unità di magnitudo corrisponde un aumento dell'energia dissipata di circa 33 volte.
I terremoti vengono distinti in microsismi (quando la magnitudo è inferiore a 5) e macrosismi quando la magnitudo super il valore di 6.

Il rischio sismico in Italia e la distribuzione geografica dei terremoti



L'Italia è situata in un'area geologicamente attiva e relativamente recente, tale zona è particolarmente instabile, come è testimoniato dall'attività vulcanica e sismica che la interessano periodicamente.
In Italia la causa della sismicità è legata a numerose faglie, le principali sono la faglia periadriatica a Nord che delimita la catena alpina e termina a Nord - Ovest in Val di Susa. Numerose faglie sono presenti in Toscana e in Emilia al limite della pianura padana e sono la causa di terremoti di debole intensità. Nella zona centrale della nosra penisola è presente la Ancona - Anzio la quale causa la sismicità nella zona umbra. più a Sud vi è la Comiso - Sant'Eufemia - Messina responsabile di sismicità abbastanza intensa. In epoca storica più di 160 terrremoti hanno provocato effetti disastrosi  e causato un numero di vittime vicino al mezzo milione di persone.  Un caso a parte è la Liguria, interessata dalla Sestri -Voltaggio, una faglia che separa geologicamente la catena alpina da quella appenninica; questa faglia però, è bloccata a Nord da un "cuscinetto sedimentario " detto Bacino Terziario Piemontese e, verso Sud da faglie presenti sulla scarpata continentale perpendicolari alla linea di costa, rendendo stabile la nostra regione.

La distribuzione dei terremoti sulla superficie terrestre non è casuale, infatti vi è una stretta relazione tra attività sismica e attività vulcanica nelle zone più recenti e attive.


Osservando la carta, è possibile constatare che i terremoti tendono a distribuirsi lungo le dorsali oceaniche dove oltre alla Rift Valley sono presenti numerose faglie trasformi. In queste zone gli ipocentri sono di solito superficiali.
Una maggior incidenza di terremoti è presente lungo la cintura di fuoco circumpacifica e lungo i margini del continente sudamericano: in queste fasce i terremoti hanno ipocentri da superficiali a profondi e sono legati alle zone di subduzione e ad intensa attività magmatica.
Anche nelle catene montuose recenti come quella alpina ed imalahiana, si registra attività sismica con ipocentri superficiali.

I maremoti


Il maremoto viene spesso chiamato con il termine giapponese tsunami, il cui significao è onda di porto.
Le cause di uno tsunami sono diverse, essi infatti possono essere generati da frane sottomarine, eruzioni vulcaniche in mare aperto o teremmoti con epicentro in mare aperto o lungo la costa.
Quelli generati da terremoti si verificano quando un evento sismico rilascia una grande quantità di energia (di solito magnitudo superiore a 7,5 e ipocentro superficiale), causando un improvviso innalzamento o abbassamento del fondale che mette in movimento grandi quantità d'acqua che generano onde che si propagano in mare aperto. Esse sono caratterizzate da una grande lunghezza d'onda e velocità intorno agli 800 Km/h. Quando l'altezza del fondo è 1/2 della lunghezza d'onda, inizia l'effetto frenante sulla massa d'acqua: la cresta si innalza fino a quando non si frange sulla costa su cui si abbatte con una forza devastante. I maremoti provocano danni maggiori nelle regioni dove le coste sono basse e non sono presenti rilievi in prossimità della costa.
I maremoti non si possono prevedere, ma ci si può difendere efficacemente, infatti per raggiungere coste distanti migliaia di Km impiegano diverse ore, sufficienti per attivare procedure di allarme e limitarne i danni. E di fondamentale importanza quindi conoscere la posizione dell'epicentro e la magnitudo di un terremoto, nonchè di sistemi di rilevamento nelle zone più a rischio.